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A sinistra, servono una gazzosa già svaporata

Al Congresso di dicembre, i Ds decidono sul futuro: Letta o elezioni, rischiano grosso comunque.

C'è qualcosa che manca ancora all'Italia per farne una democrazia dell'alternanza: avere un leader di sinistra a capo di un'alleanza elettorale vincente. Ben due volte, dopo la fine della Prima Repubblica, una coalizione di centro-sinistra ha vinto le elezioni: l'Ulivo e l'Unione, rispettivamente nel 1996 e nel 2006. Sempre guidate, però da un leader di centro: Romano Prodi, ex democristiano. Per ben due volte ai leader dell'ex Pci, poi trasformatosi in Pds, quindi in DS ed infine in PD, è sfuggito il successo: capitò nel 2001 a Veltroni e poi nel 2013 a Bersani. Stavolta, per far vincere il centrosinistra, c'è chi punta a Renzi: un post comunista, anche per l'età, per questo poco amato tra i Ds. Quando fu per D'Alema, nominato Presidente del Consiglio nel 1997, era per una contingenza internazionale: Prodi era a capo di una coalizione che comprendeva Rifondazione comunista, una componente pacifista che non avrebbe dato il via libera all'intervento militare in Serbia. L'Udeur di Mastella, ideato da Cossiga, subentrò nella maggioranza: e guerra fu.

D'altra parte, la contaminazione democristiana in tutte le componenti politiche, il teorizzato ruinismo della società italiana, si è sfaldato: la Margherita ha perso la sua autonomia perdendosi nel contenitore dei DS, mentre l'Udc non si è voluta dissolvere nel PDL, come invece decise AN, staccandosi per di più dalla coalizione di governo di centrodestra vincente nel 2008. Anche l'avventura recente insieme a Scelta Civica di Mario Monti, non l'ha riportato ai fasti della vittoria: rimane una forza ultraminoritaria. Che nelle prossime elezioni possa spettare ad un esponente dell'Udc o di Scelta civica di candidarsi premier della coalizione di centrosinistra come fu per Prodi, sembra davvero poco plausibile. Il centrosinistra deve far da sé.
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