Facebook Pixel
Milano 11:06
34.245,85 -0,07%
Nasdaq 24-apr
17.526,8 0,00%
Dow Jones 24-apr
38.460,92 -0,11%
Londra 11:06
8.091,29 +0,63%
Francoforte 11:06
17.988,92 -0,55%

"Bye-bye Italia": altro che cercare nuovi investitori stranieri, se i primi a vendere sono gli italiani

La capitalizzazione della Borsa di Milano è ancora molto giù rispetto al 2007. La colpa è della assoluta incapacità di tutelare adeguatamente le nostre banche sul piano internazionale e di una politica fiscale continuamente rapace e vessatoria.

Tralasciamo il calcolo delle perdite accumulate dal sistema bancario, da quello assicurativo e dai Fondi immobiliari, per via dell'introduzione dell'IMU: un misero vantaggio per lo Stato ha affondato un intero comparto produttivo, occupazionale e finanziario. E' stata una solenne bestialità, una delle tante.

Bisogna essere onesti: in queste condizioni è illusorio, se non farsesco, chiedere di investire in Italia altri soldi. C'è un pregiudizio radicato e radicale verso la ricchezza, anche quella impiegata nel capitale di rischio e non solo in quella che cerca la rendita. Una ostilità verso l'impresa ed il profitto da una parte che scatena l'idiosincrasia verso l'occupazione stabile ed i redditi da lavoro a tempo indeterminato.

Le norme fiscali retroattive, come quelle recentissime che hanno eliminato la possibilità di dedurre dal reddito una quota dei premi assicurativi per le polizze di puro rischio sulla vita o sulle invalidità di lungo termine, per non parlare del tradimento del patto stretto dallo Stato nei confronti di coloro che avevano messo in regola i capitali all'estero con l'ultimo scudo fiscale, rendono non credibile lo Stato italiano. Stendiamo un velo pietoso sullo zelo con cui ci si è allineati alla introduzione di una Tobin tax sui prodotti finanziari, sugli spesometri, i redditometri, i divieti di pagamenti per contanti, e l'acquisizione automatica da parte del Fisco dei dati dei conti correnti bancari.

Ma ciò che è ancora più grave è stata l'incapacità di difendere il nostro sistema bancario: per i criteri penalizzanti adottati dall'Eba nel settembre del 2011 in occasione degli stress test sui buffer ulteriori di capitale necessari di fronte all'aggravarsi della crisi, che ci hanno penalizzato per il mark-to-market applicato inopinatamente sui titoli di Stato; per le metodologie accettate nell'ambito dell'Accordo di Basilea III per quanto riguarda la valutazione del capitale in funzione degli asset misurati sulla base del rischio (RWA); per la mancata rielaborazione contabile, da effettuare al solo fine di rendere verosimili le comparazioni statistiche internazionali, dei criteri fortemente restrittivi adoperati in Italia per individuare i crediti bancari in difficoltà (NPL's) ed i relativi ratios di copertura; per la mancata previsione da parte della Bce di strumenti di collateralizzazione adeguati alla struttura giuridica dei crediti commerciali concessi dalle nostre banche al sistema produttivo, caratterizzati spesso dalla semplice autorizzazione di un plafond di cassa "fino a revoca".

Le quotazioni di Borsa sono un sintomo della salute economica e finanziaria di un Paese: a guardare i nostri dati, siamo ancora molto giù. Se la capitalizzazione complessiva non risale ai livelli pre-crisi e per primi non tornano dall'estero i capitali degli italiani, è davvero inutile chiedere agli stranieri di tornare investire.

Sperare ora che sia l'economia reale, con la crescita, a far recuperare i valori finanziari persi con la crisi e quelli immobiliari bastonati con l'IMU, è pura illusione. Immaginare che basti la libertà di licenziare o gli accordi per abbassare i salari per recuperare competitività, interna ed internazionale, è un'altra favola: servono investimenti idonei a far crescere il valore aggiunto della produzione. Ma in queste condizioni nessuno rischia. Anzi, se può vende: "Bye-bye, Italia".

Condividi
"
Altri Top Mind
```