La goccia che ha fatto traboccare il vaso e costretto la Bundesbank alla revisione del suo apparato dogmatico è l'Ucraina. Avevamo già scritto che il ritorno della guerra fredda, frettolosamente archiviato dai mercati come caso chiuso, ci accompagnerà a lungo. Sarà, verosimilmente, una conflittualità a bassa intensità, ma sarà in ogni caso dannosa per tutti.
La Russia è il maggiore mercato automobilistico d'Europa, più grande di quello tedesco. A Mosca e a San Pietroburgo, poi, non girano utilitarie, ma vetture ad alto margine. La Germania non ha nessuna voglia di passare alla terza fase delle sanzioni antirusse, quella economica, ma risentirà comunque di quelle già in vigore adesso, perché la domanda russa scenderà.
Quanto a gas e petrolio, la Russia sta accelerando il più possibile la riconversione del suo export dall'Europa alla Cina. Occorrerà del tempo, ma la strategia, già impostata da un paio d'anni, è chiarissima.
La politica energetica della Germania, spesso indicata in Italia come esemplare per l'attenzione per le rinnovabili, era in realtà già caotica e disfunzionale prima dell'Ucraina e oggi appare allo sbando. Con il
nucleare in via di smantellamento accelerato e con il gas europeo tre volte più caro di quello americano le centrali tedesche vengono oggi alimentate a carbone. Il risultato di questo capolavoro è più
inquinamento, una sovraproduzione di rinnovabili sussidiate, una rete incapace di gestire i picchi, un costo finale dell'energia doppio che in Francia e la fuga della grande chimica di base verso gli Stati Uniti. Da oggi si aggiunge il rischio che la Russia chiuda i rubinetti in un momento in cui non ci sono impianti per rigassificare il gas liquido importabile dall'America o dal Qatar.
Certo, la Russia ha bisogno di soldi e non taglierà le forniture se non come ritorsione estrema, ma non è una vita tranquilla.
L'Ucraina rimarrà sull'agenda non solo perché la Russia non si rassegnerà mai alla sua perdita, ma anche perché in America ci sono dinamiche politiche interne che obbligano Obama, che di suo starebbe fermo, ad alzare la voce. I repubblicani incalzano l'esecutivo per esaltarne le contraddizioni. I democratici, dal canto loro, sono tradizionalmente più falchi dei repubblicani in politica estera e questa volta hanno anche precise ragioni elettorali per tenere alta la tensione. Gli americani di origine polacca e ucraina sono parecchi milioni e votano tradizionalmente democratico. A Chicago, il feudo di Obama, i polacchi sono particolarmente numerosi e non è un caso che il senatore dell'Illinois Durbin, obamiano ortodosso, spinga il suo capo ad alzare il tiro contro la Russia.
Il mondo, insomma, non è bello come appare. Grazie a questo, in cambio, avremo finalmente un euro più debole e una Germania più flessibile. Approfittiamone.
(Nella foto: Folgorato sulla via di Damasco. Per Jens Weidmann il Qe europeo è ora possibile)
"