Anche i più ottimisti, nell'ipotizzare i possibili ulteriori rialzi da qui a fine anno, non vanno oltre il 5 per cento. Dopo che la borsa è triplicata dal 2009 a oggi non è la ciliegina del 5 per cento che farà necessariamente crollare tutto. La condizione è che l'Europa, che non ha cambiato di una virgola il suo modello, non torni ad afflosciarsi e che l'America non confermi i sospetti sulla mancata accelerazione.
Molti gestori si sono ormai rassegnati a questo
lentissimo rialzo e alla perfetta tenuta dei bond di ogni ordine e grado. Non capiscono del tutto ma si adeguano. Hanno risultati giornalieri, mensili e trimestrali da esibire e non possono rimanere indietro cercando rifugio troppo a lungo nel cash. Si sono però ripromessi, parecchi di loro, di vendere quando la Fed cambierà politica.
Quel giorno, però, potrà succedere che un temporale provochi l'interruzione delle linee telefoniche, che la batteria del cellulare sia scarica, che siamo in volo transoceanico, che ci sia venuta l'appendicite o, semplicemente, che le linee del broker cui passare l'ordine di vendita siano tutte occupate perché migliaia di altri gestori, in tutto il mondo, staranno avendo la stessa idea.
Sono sette anni che non vediamo un rialzo dei tassi. I più giovani non ne hanno mai visto uno nella loro vita lavorativa. Ci ripetiamo che sono un fatto della vita, che non c'è da avere paura e che le borse possono continuare a salire lo stesso. Chi sembra però avere più paura di tutti sono proprio le banche centrali e questo non è molto tranquillizzante.
Vendere una parte del portafoglio, in queste condizioni, e riportarlo su un livello neutrale o moderatamente sottopesato equivale all'alzarsi da tavola con ancora un po' di appetito. Lo raccomandano tutti i dietologi.
(Nella foto: Nelle migliaia di chilometri di tunnel della Maginot transitavano agevolmente anche i carri armati)
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