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La petrovaluta

Più opportunità che rischi per il dollaro.

Come capita ai paesi che scoppiano di salute (quanto meno in termini relativi) l'America si trova davanti a un bivio. O rivaluta il cambio nominale oppure pratica una rivalutazione interna accettando un'inflazione più alta rispetto a quella degli altri paesi (la strada, per inciso, che sta seguendo la Germania nei nostri confronti, purtroppo a passo di lumaca).

La nostra scommessa è che l'America sceglierà una via mediana, con una modesta rivalutazione da una parte e più inflazione dall'altra. Il cambio con l'euro potrebbe quindi raggiungere 1.30 per la fine dell'anno e proseguire il cammino nel 2015 in caso di Quantitative easing europeo. Ricordiamo del resto che il Fondo Monetario ha ripetutamente indicato in un range compreso tra 1.25 e 1.35 il cambio d'equilibrio di lungo periodo tra euro e dollaro.

L’Afghanistan a Bretton Woods. Germania, Italia e Giappone ne furono ovviamente esclusiIn pratica, non è detto che stare in dollari faccia diventare molto ricchi (anche se stare in una valuta che si apprezza e che ha tassi più alti può fare nel tempo una certa differenza). D'altra parte, un recupero dell'euro in queste condizioni farebbe molto male all'Europa e, alla fine, a tutti quanti.

Venendo al breve termine, l'ultimo dato sull'inflazione americana, più basso del precedente, sdrammatizza, almeno per qualche settimana, le preoccupazioni sulla lunghezza della vita residua del ciclo economico che erano andate emergendo tra molti economisti. Borse e bond ne traggono naturalmente beneficio.

(Nella foto: L’Afghanistan a Bretton Woods. Germania, Italia e Giappone ne furono ovviamente esclusi)
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