Sia chiaro,
la spesa in infrastrutture pubbliche funziona bene solo quando è circoscritta nel tempo e negli obiettivi, come le Interstate americane volute da Eisenhower o l’Alta Velocità francese sotto Pompidou e Giscard. Se diventa ricorrente e dispersa abbassa progressivamente, invece di alzarla, la produttività di sistema. Di fronte al male estremo di un’Europa che non riesce a risollevarsi dopo sette anni di crisi si può tuttavia accettare qualsiasi salvagente venga buttato in acqua, pur nella consapevolezza che un salvagente può guadagnare tempo, ma non è una soluzione strutturale.
Per quanto siano gravi i problemi europei, l’Eurozona riuscirà a sopravvivere anche al prossimo giro. Ottobre si chiuderà con un Grand Bargain in versione bonsai. La BCE metterà sul tavolo euro debole, Abs e Tltro. La Germania chiuderà un occhio sugli sfondamenti fiscali e chiederà in cambio riforme strutturali. La Commissione metterà i 300 miliardi di investimenti promessi da Junker.
Tutto bene, sulla carta. Il problema è che, come al solito,
le cicale prometteranno mari e monti con la ferma intenzione di mantenere gli impegni il meno possibile. La Germania, dal canto suo, farà finta di credere alle loro promesse. Il clima di incertezza non si dissolverà.
L’aspetto più notevole di questi nostri tempi è la divergenza tra la fiducia diffusa nei mercati finanziari e la sfiducia in chi dovrebbe investire in attività produttive. I governi, del resto, non contribuiscono molto a rassicurare le imprese. Nelle ore pari proclamano a gran voce la volontà di detassarle, in quelle dispari si scatenano contro le multinazionali, dichiarano aperta la caccia alla
tax inversion e definiscono elusiva qualsiasi loro mossa.
Il
bull market azionario è stanco. Le idee sono sempre meno e si procede con il pilota automatico dei
buy back. È possibile che la stanchezza sia la forma, tutto sommato benigna, assunta quest’anno dalla correzione d’autunno.
Restiamo lunghi di dollari e di borse (nonostante tutto).
E coltiviamo il sogno segreto e impossibile che la cancelleria di Berlino sia affidata per qualche mese a Vivian Nicholson.
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