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Quattro paradigmi

Prove generali di volatilità in vista di un mondo nuovo

Prove generali di volatilità in vista di un mondo nuovo

La Grande Guerra del 1914-1918 causò la morte di 17 milioni di persone (10 milioni di soldati e 7 di civili). La pandemia di influenza che iniziò nel gennaio del 1918 e terminò nel dicembre del 1920 ne provocò molti di più. Colpì infatti più di un quarto degli esseri umani (500 milioni su 1900). Ne morirono, secondo il Cdc, tra i 50 e i 100 milioni di persone, tra cui Gustav Klimt, Egon Schiele, Max Weber e Guillaume Apollinaire.

All’inizio della pandemia il Dow Jones era a 76. Alla fine, alla metà del dicembre 1920, stava a 75. Nel 1919 la borsa celebrò la pace con un rialzo fino a 120, ma tornò sui suoi passi quando cominciò a farsi sentire la severa recessione globale del 1920. La caduta della produzione fu causata da un eccesso di scorte accumulate negli anni precedenti, dalla dislocazione tipica di ogni dopoguerra, da un’ondata di fallimenti tra le imprese, da un aumento della disoccupazione e da una lunga caduta dei prezzi agricoli.

Alla pandemia, nella letteratura sulla crisi del 1920, non viene attribuito un ruolo significativo.

Un secolo fa gli esseri umani avevano una percezione diversa delle malattie e dei pericoli. La guerra, nel suo modo crudele, aveva poi abituato le moltitudini a un contatto quotidiano con i rischi estremi. Oggi siamo invece impreparati. Ebola ha provocato 4mila vittime in Africa, ma è bastato un solo caso negli Stati Uniti per diffondere il panico, anche sui mercati.

(Nella foto: Vittime della Spagnola. Gustav Klimt 1862-1918)
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