Panico, volatilità estrema, infine rabbiosa euforia: questo Ottobre non ci ha risparmiato nulla. Chiunque abbia anche lontanamente a che fare con i mercati si domanda se tutto questo rappresenti un’opportunità, supportata dall’
azione delle Banche Centrali, o un rischio. La mia opinione è che ciò a cui stiamo assistendo non è una risposta razionale, giustificata, quantificabile a tassi di interessi più bassi del normale ma piuttosto una compressione dei premi di rischio di quasi tutte le classi di asset a livelli storici, particolarmente nel caso di azioni, prestiti a leva e junk bonds.
La sensazione – forte – è che i mercati finanziari siano in questo momento nello stadio finale di ciò che a posteriori sarà ricordata come la bolla del QE: un periodo di speculazione e supervalutazione in molti tipi di prodotti finanziari a rischio e particolarmente nei mercati azionari di alcuni grandi paesi occidentali, nel debito ad alto rendimento, nei prestiti che vengono concessi a debitori già fortemente indebitati.
Questa bolla è il risultato della politica di Quantitative Easing della FED, seguita da molte altre banche centrali, che ha portato i tassi a breve a 0 depredando gli investitori di ogni fonte di ritorno a basso rischio.
La storia comincia nel 2007, quando le istituzioni e le banche di Wall Street cominciarono a fornire prestiti a debitori che avevano un alto grado di rischio e motivazioni speculative: il che è sfociato nella bolla immobiliare, in un volume enorme di
debito subprime e in ultima analisi nel
più grande collasso finanziario dopo la Grande Depressione. Si potrebbe pensare che la Federal Reserve avrebbe imparato da quella catastrofe: invece la Fed ha passato gli ultimi anni – intenzionalmente – a cercare di mettere nuovamente in atto le precise dinamiche che hanno prodotto quella bolla. Come conseguenza, la ricerca speculativa di rendimento ha incoraggiato l’emissione di obbligazioni spazzatura (
junk bonds) che mettono insieme un alto rischio di credito con tassi di interesse ai minimi storici: e la stessa ricerca di rendimento ha portato le valutazioni di molti mercati azionari a essere di molto superiori a quella che è la normalità, secondo le misure di rischio più affidabili storicamente.