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Stagnazione economica e giustizia sociale

In tutti i paesi del mondo avanzato, e meno, aumentano le diseguaglianze nella distribuzione del reddito e della ricchezza.

Naturalmente cinque anni di crisi economica hanno aggravato la situazione sociale. È aumentata la disoccupazione e, secondo me, c’è una emergenza occupazionale e sociale che rischia di infiammarsi ulteriormente. I poveri diventano sempre più poveri e i ricchi sempre più ricchi. La classe media si è impoverita e i ricchi sono diventati sempre più egoisti.

In queste condizioni, non ci sono spazi per significative manovre di redistribuzione del reddito e della ricchezza. Ovviamente c’è una correlazione tra giustizia tributaria e giustizia sociale, anzi la prima è strumento fondamentale per perseguire la seconda. Ma in un contesto politico in cui il Presidente Renzi punta innanzitutto a conquistare il consenso di elettori di Centro-destra sarebbe sorprendente che il governo adottasse una seria politica di redistribuzione attraverso il prelievo di imposte maggiormente progressive a carico dei ceti sociali che vuole portare dalla sua parte e che, nel caso specifico, si facesse una seria lotta all’evasione fiscale.

Se poi aggiungo che obiettivo, anche di questo governo, è il taglio della spesa pubblica anche di quella sociale - in perfetta continuità con i tre governi che l’hanno preceduto - è chiaro che il nostro Paese sembra destinato a restare caratterizzato anche da un basso livello di giustizia tributaria ancora per lungo tempo.

Senza una teoria ed una prassi della giustizia sociale, non si può parlare di giustizia tributaria. Non si può costruire un sistema tributario o, più in generale, un sistema fiscale senza determinare preliminarmente gli obiettivi di giustizia sociale che esso deve perseguire. In Italia ed in Europa, in questa fase, prevalgono governi di Centro-destra ed il loro obiettivo è quello di ridimensionare il Welfare State. In Italia le larghe intese sono una necessità ed il Partito Democratico, formalmente ed informalmente, è alleato con due partiti di Centro-destra. E se la concorrenza elettorale è per i voti di elettori di Centro-destra, non vedo ampi spazi per la giustizia sociale.

Ricordo a me stesso che su questo tema c’è un’ampia letteratura a livello mondiale che collega democrazia e sviluppo, democrazia e giustizia sociale. Mi basta citare Amartya Sen e John Rawls. In teoria, in fasi di crescita economica ci sono più risorse ed è, in teoria, più facile affrontare anche i problemi di giustizia e coesione sociale.

Ma noi siamo dentro l’UE, siamo ingabbiati dentro l’Eurozona che non ci consente di fare neanche politiche riallocative e le politiche europee di coesione sociale sono finanziate in maniera del tutto insufficiente. Se considero che gli stessi documenti governativi non prevedono crescita sostenuta e sostenibile per i prossimi due anni, dobbiamo aspettarci che le tensioni sociali e i conflitti distributivi si aggraveranno vieppiù.

A coloro che volessero approfondire le politiche europee ed italiane di coesione economica e sociale segnalo che il n. 3/2014 della Rivista giuridica del Mezzogiorno, Trimestrale della SVIMEZ, Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno, è tutta dedicata alle problematiche della programmazione del nuovo ciclo dei fondi strutturali europei 2014-2020– non di rado poco e malamente utilizzati dal nostro Paese.

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