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Quali responsabilità: Popolari, Bcc, Fondazioni o economisti e politici?

Quali sono le aree di responsabilità e dei modelli culturali che hanno contribuito a farci travolgere da uno "tsunami" globale di immani e devastanti proporzioni sociali, morali e finanziarie

Il neoliberismo invocato come superamento degli assolutismi è diventato esso stesso un assolutismo, inoltre in un mondo globalizzato in questo modo non esistono problemi locali che non siano influenzati da fattori esterni come abbiamo sperimentato in questi anni con andamenti "irrazionali" dello spread e del rating ma funzionali alla definizione di assetti politici e di decisioni di politica estera.

La campagna d’Europa, 2010-12, cominciata con l’attacco al mercato piccolo ed illiquido dei titoli del debito greco e funzionale ad indebolire l’euro con un effetto domino ha dato evidenza a quanto "gli strumenti finanziari come i cds sono armi di distruzioni di massa" dice Warren Buffet.

In questi giorni il Dipartimento di Giustizia americano ha condannato S&P per manipolazione fraudolenta del rating; anche i bambini dell’asilo lo capiscono ma non i media – sarebbe meglio definirli "under media" o "media plancton" troppo abituati a scrivere sotto dettatura più facile che pensare. "Under" media che hanno messo in ridicolo la procura di Trani e la Corte dei Conti che avevano evidenziato l’inadeguatezza opportunistica di un rating attribuito per esercitare pressioni politiche; adesso sarebbe ora che la magistratura penale e quella contabile riprendessero in mano il problema alla luce della sentenza Usa.

Così di fronte a cambiamenti radicali noi, come paese, stiamo finendo in uno stagno mortale che ci priva del coraggio necessario per affrontare queste sfide epocali; non possiamo essere indipendenti, ma non possiamo nemmeno essere dipendenti al punto da perdere l’autonomia che è condizione indispensabile per ogni singola istituzione a partire dalla famiglia. Qui sta l’arte della politica, nel senso più nobile, ma richiede cultura, visione della storia, una visione anche utopica della società, elementi che oggi sembrano carenti nella classe politica e dirigente in senso lato del paese.

In questo confuso contesto il governo affronta il tema del cambiamento statutario delle Banche Popolari, delle Bcc con un'ipotesi di riforma che mette in evidenza, certamente, i ritardi nei cambiamenti a loro richiesti dai tempi ma ha una connotazione antistorica e discutibile nei tempi e nei modi nel contesto storico in cui ci stiamo muovendo specie di fronte ad una finanza sovradimensionata. Le popolari e la Bcc hanno avuto un immobilismo eccessivo nella governance che ha finito per generare comportamenti opportunistici ma questo è il modello culturale di un paese che da 40 anni non produce cultura e vive della rendita ma che sia la politica, prima colpevole a sollevare e cavalcare il problema, è emblematico. Gran parte della responsabilità del disastro non è attribuibile solo all’avidità ed immoralità dei politici ma anche al contesto culturale che i guru della finanza e dell’economia avevano contribuito a rendere i titoli tossici – derivati, cds, futures, otc...- un elisir di lunga vita perché l’asimmetria informativa dominante obbligava a fidarsi degli "sciamani" della finanza che garantivano la verità incontrovertibile.

Evidenziare i problemi delle Banche Popolari e le Bcc è corretto, ma in questo momento non sembra essere la priorità del paese in cui tutto peggiora, non sembra utile accentuare i conflitti con quei soggetti che nel bene, ma anche nel male talora, rappresentano la storia del paese, la solidarietà collaborativa a cui si deve ritornare, il legame con il territorio e l’economia reale per farle diventare Spa. Poi riesumare dal sarcofago nubiano dove la storia lo aveva seppellito culturalmente il "mantra del creare valore per gli azionisti" è del tutto fuori luogo.
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