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Quali responsabilità: Popolari, Bcc, Fondazioni o economisti e politici?

Quali sono le aree di responsabilità e dei modelli culturali che hanno contribuito a farci travolgere da uno "tsunami" globale di immani e devastanti proporzioni sociali, morali e finanziarie

Qui veniamo al tema caldo degli errori attribuiti al ruolo dei politici nelle fondazioni, l’avidità di troppi soggetti, la mancanza di regole morali e l’incompetenza tecnica hanno portato alla dissipazione del risparmio creato nei secoli da intere generazioni, ma è stato il contesto tecnico-culturale che ha steso davanti a loro un "red carpet". I primi anni del secolo, infatti, sono stati quelli dei derivati, dei sub-prime, dei cds…, della finanza dominante non regolamentata, creatrice di valore, solo per pochi, e della cultura del pensiero unico che non ammetteva discussioni né critiche.

In quegli anni la finanza si è appoggiata alla strumentazione matematica che per traslazione dava la certezza del numero ma la allontanava dal mondo reale; la "tecknè" matematica è diventata dominante, come rileva Severino, così da mezzo è diventata fine a cui tendere. Questa verità della finanza "razionale", staccata dalla realtà e costruita con sofisticati calcoli matematici fatti da fisici nucleari, da matematici puri, da statistici, da econometristi alla fine era capita da pochi così in presenza di asimmetrie informative come si fa a non fidarsi delle garanzie date dal pensiero dominante e riempirsi di derivati, non farli sembrava essere un errore gravissimo.


Allora la colpa dei tali errori è solo da attribuire all’avidità ed alla immoralità diffusa, dai politici nelle fondazioni o anche da coloro che ne sostenevano l’assoluta utilità?

Le principali banche d’affari di Wall Street nei loro board non avevano politici né personaggi indicati dalla politica ma, funzionando da cinghia di trasmissione tra potere e realtà, hanno contribuito a provocare il disastro che vediamo ed ancora riescono a condizionare la regolamentazione dei loro prodotti tossici e navigano su un mare sterminato di derivati. Ma allora è un problema di formule o di uomini e di modelli culturali? Ogni paese ha la sua storia che si è fatta nei secoli e perdere il contatto con essa per seguire modelli astratti può essere pericoloso perché si perde la propria identità.

Emblematico è stato un editoriale del Corriere della Sera nel luglio del 2009 in cui si dava evidenza di come a fallire per prime fossero state le banche popolari tedesche nel 2007 per colpa dei politici che le spingevano a lavorare sui prodotti tossici. Ma in quegli anni – dal 2003 al 2008 – chi diceva che quei prodotti, promossi anche da Greenspan, erano tossici? Assolutamente nessuno, anzi è vero il contrario perché come sosteneva Lucas nel 2004 alla convention degli economisti Usa "tutti i problemi di errore dei mercati erano risolti e nessun problema si vedeva nel futuro", infatti fino al giorno precedente al fallimento Lemhan aveva la tripla A.

Questa crisi è stata determinata da uomini e non da eventi naturali ed imprevedibili; spesso questi uomini si sono laureati nelle università migliori; possiamo cominciare a domandarci che responsabilità hanno questi uomini ed i loro maestri ad averci messo in questa mortale situazione? E’ questo il vero problema perché, scivolato via il dramma, sono rimasti a pontificare sulla immoralità dei politici ed ad occuparsi della Corporate Social Responsability, ma le loro responsabilità le hanno fatte scivolare via come l’acqua sui vetri quando piove. Le responsabilità a vario titolo sono di tutti e tutti assieme dobbiamo condividerle è troppo comodo dare le colpe agli altri. Questa crisi è culturale ed antropologica ed i modelli che l’hanno sostenuta non hanno scusanti ma responsabilità anche pesanti per i danni sociali, morali, finanziari che hanno creato, non possiamo più permetterci di navigare nel porto delle nebbie.

Allora proviamo anche a metterci tutti in discussione per il bene comune, per i più poveri ed i più disagiati, per le minoranze dimenticate, perché sia possibile ricreare un clima di accettazione reciproco e di accoglienza. Superare le difficoltà può comportare dolore ma se condiviso è sopportabile, ci vuole anche il coraggio per superare il conformismo soffocante ma il coraggio, purtroppo, non si compra al supermercato in bustine ma lo si trova solo dentro di sé e nell’esempio dei tanti che in questo paese operano per il bene comune.
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