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La sovranità perduta e una politica evaporata

Oggi siamo in una situazione di evidente debolezza sotto scacco della finanza

Il primo atto di uso della finanza come influenza politica sulla sovranità dei paesi è riconducibile agli anni '70-'80 quando gli Usa sganciando il dollaro dalla convertibilità in oro si trovarono nella necessità di agganciare l'eccesso di dollari in circolazione al petrolio – i petrodollari – convincendo gli arabi a vendere il petrolio solo in dollari ed aumentandone anche il prezzo. Noi come importatori ci trovammo a passare da un'inflazione del 4% ad una del 24% e con le domeniche in bicicletta.

La caduta del muro di Berlino ha contribuito alla colonizzazione culturale della finanza che ci ha invaso con derivati, sub-prime, credit-default swap ed altri prodotti tossici che sarebbero da mettere sotto accusa; il debito è cresciuto a livelli non facilmente controllabili in un mercato governato da pochi – il 95% delle transazioni in derivati passano solo per 5 banche d'affari di Wall Street – che determinano gli andamenti dei valori e li usano come strumento coercitivo. Il potere della finanza sovranazionale rischia come dice Warren Buffet, di essere un'arma di distruzione di massa perché se il tuo debito è in mano ad altri diventi un soggetto passivo e subordinato. Noi lo abbiamo sperimentato nella "campagna" d'Europa del 2010-2012 quando la necessità di indebolire l'euro ha spinto ad un attacco finanziario a partire dal mercato piccolo ed illiquido dei titoli pubblici greci per arrivare ad effetto domino a noi determinando un cambio di governance politica funzionale ad interessi diversi ed esterni al paese.

Poi tutto è peggiorato ed oggi siamo in una situazione di evidente debolezza sotto scacco della finanza, abbiamo un rating BBB-, spazzatura, ed uno spread a 100 b.p. esattamente come nel novembre del 2010 quando il rating era ABB + e 600 mld/euro di debito in meno (!); un'irrazionalità palese che dimostra l'opportunismo di misurazioni funzionali a forzare processi decisionali. Così non siamo in grado di decidere quasi niente, non sappiamo avere proposte per raccordarci con l'Europa, non siamo in grado di decidere se essere un paese federale o centrale, il ruolo che dovremmo avere nel Mediterraneo proponendoci come policy maker e difendere una forma di autonomia che portò il governo italiano nel caso di Sigonella ad opporsi alle minacce di Reagan senza paura.

Subiamo in silenzio le sanzioni alla Russia di cui siamo il 4° partner commerciale con aziende in difficoltà che senza sbocchi commerciali non sono interessate al "job act"; finiamo per mettere, quasi di nascosto, nella finanziaria a garanzia delle banche d'affari per i derivati fatti nel 1993 ben 37 mld/euro (?) che finiranno sul collo dei contribuenti.

Così per distogliere l'attenzione da una politica evaporata si rincorrono riforme, regolamenti, leggi, spesso fine a sé stesse ed eteree in una perenne corsa su un surf per stare a galla ed in una situazione di dissesto, infine, si propone come critica la riforma delle banche popolari in spa per "creare valore per gli azionisti", il mantra delle banche d'affari padre di tutte le disgrazie che ci hanno ridotto sul lastrico e non si regolamenta il mercato.

Noi non governiamo il vento, ma se non governiamo nemmeno le vele andiamo allo sbando.

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