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Fino a quando?

Stare in tendenza è bello ma nessuna tendenza è eterna

La terza è che questo comportamento appiccicoso dei prezzi è reso possibile dai margini storicamente alti delle imprese, soprattutto in America. Se i margini fossero stati all'osso, gli iPhone e gli Swatch sarebbero già rincarati. Nessuno vende in perdita a lungo per conservare la sua quota di mercato. Le borse, dal canto loro, tollerano meglio di una volta gli annunci di improvvisi deterioramenti dei margini (basta guardare la tenuta delle grandi compagnie petrolifere rispetto al crollo del greggio) e tolgono così un ulteriore incentivo ad alzare i prezzi per difenderli.

Alla fine, dunque, le svalutazioni competitive pensate per redistribuire i posti di lavoro finiscono con il redistribuire soprattutto i profitti, comprimendone la crescita (ormai azzerata) in America, facendoli esplodere in Giappone e, augurabilmente, facendoli crescere in Europa. Se poi gli extraprofitti vengono spesi riacquistando azioni proprie o, alla giapponese, restituendo soldi alle banche e accumulando cassa, le ricadute sull'economia reale diventano ancora più modeste.

Hans Hofmann, Ragazza giapponeseCerto, le svalutazioni da Qe producono comunque effetti non disprezzabili. Le banche hanno meno sofferenze, gli investitori si sentono meglio, le casse pubbliche raccolgono più soldi dalle imposte sui profitti aziendali e sui capital gain, i tassi reali scendono e il servizio del debito pubblico diventa meno oneroso per i governi. Tutto questo, benché positivo, appare più una stabilizzazione che il segnale di un'inversione di tendenza.

Se è così, allora la conclusione da trarre non è che Qe e svalutazione non servono a nulla e tanto vale ritornare ai cambi di un anno fa, bensì quella opposta. Ovvero che il deprezzamento di lungo termine di euro e yen non è ancora terminato e che quella che si apre è semplicemente una fase di tregua nelle grandi tendenze al recupero del dollaro e all'apprezzamento delle borse in Europa e Giappone.
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