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Oro opaco

La caduta delle materie prime non significa né deflazione né recessione

Il fatto è che l'oro è forse il più ideologico (e quindi divisivo) tra gli asset. Chi lo ama lo comprerebbe, potendo, in qualsiasi circostanza. Chi lo disprezza lo venderebbe comunque. Ascoltare un dibattito tra un sostenitore e un denigratore dell'oro è come ascoltare una discussione politica o calcistica. Molta passione, molto sforzo argomentativo ma, chissà perché, nessuno che cambi mai idea alla fine del dibattito.

E però l'oro si muove, e come, e una spiegazione bisogna pur tentare di darla. Meglio allora abbandonare i massimi sistemi e provare a volare basso, guardando a quante munizioni hanno a disposizione i venditori e quante ne hanno i compratori. Vedere insomma, indipendentemente dalle motivazioni, chi è più forte in campo.

Miniera d'oro a cielo aperto in Australia occidentaleI venditori sono in primo luogo i produttori, le società minerarie che estraggono con il solo scopo di vendere sul mercato. Ci sono poi i cercatori di carry, ovvero quelli che si mettono al ribasso per incassare (quando c'è) il differenziale tra il prezzo spot e quello futuro. Ci sono infine le banche centrali dei paesi occidentali, che di oro fisico non ne hanno quasi più, ma che intensificano regolarmente la retorica anti-oro (e forse qualche intervento sottobanco) quando sentono nell'aria una possibile ripresa dell'inflazione.

I compratori sono le banche centrali di molti paesi emergenti (tra cui Cina, Russia, Messico), gli investitori individuali di quasi tutta l'Asia e gli appassionati occidentali. Di recente si è aggiunta l'Isis, che nell'Iraq e nella Siria occupati fa circolare oro e argento monetati, sia come segno di solidità economica sia perché politicamente e teologicamente più corretti della cartamoneta in dollari.
Da questa breve rassegna balza immediatamente in evidenza lo squilibrio dei rapporti di forza. I venditori hanno molte ragioni per vendere, i compratori hanno pochi soldi per comprare.
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