La
Cina, la seconda grande paura dei mercati,
è importatore di materie prime e beneficia come noi della loro caduta. Il cambio del
renminbi si è molto apprezzato in questo anno passato e ora la Cina, correttamente, intende stabilizzarlo, annunciando che non seguirà il dollaro in ulteriori rivalutazioni
quando i tassi americani verranno alzati. Non c'è nessuna guerra valutaria, tanto che l'amministrazione
Obama e la
Fed hanno manifestato comprensione per la decisione di correggere e rendere più libero il renminbi.
La borsa di Shanghai, dal canto suo, sembra avere trovato un certo equilibrio. Certo, è un equilibrio volatile, ma con buone ragioni. Si tratta infatti, da parte del governo cinese, di sostenere i corsi da un lato, ma di educare il pubblico alla rischiosità dell'investimento azionario dall'altro.
Il mondo chiede alla Cina di liberalizzare il più possibile ma la liberalizzazione porta a dislocazioni (inclusi fallimenti) nel mondo produttivo e a volatilità sul cambio e in borsa. È un prezzo inevitabile, che porterà però benefici nel medio termine.
Il
governo cinese, del resto, è diventato più autoritario e intrusivo sul piano politico proprio perché ha in corso una liberalizzazione su quello economico. Per il momento tutto fa pensare che abbia il controllo della situazione, che sappia quello che fa e che vada nella direzione giusta.
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