Un posto a parte merita la
teoria della riflessività di Soros, in base alla quale
i mercati sono influenzati dal mondo ma a loro volta retroagiscono influenzandolo. È una teoria più interessante e sofisticata di quella del mercato efficiente (Soros studiò filosofia con Popper prima di darsi alla finanza per necessità economica) e ha in aggiunta il merito di tenere ampiamente conto del posizionamento più o meno squilibrato del mercato nello spiegarne gli spostamenti. Resta tuttavia l'impressione, nonostante la finanziarizzazione degli ultimi decenni, che l'importanza attribuita ai mercati nella loro retroazione sul mondo sia comunque esagerata.
Ora che i mercati sono di nuovo calmi e in apparente equilibrio si può vedere con chiarezza come la grande paura di agosto e settembre sia spiegabile almeno in parte con la
finanza comportamentale e con la teoria del posizionamento che Soros fa sua, mentre escono in pezzi, ancora una volta, le razionalizzazioni che abbiamo sentito durante l'estate basate, più o meno consapevolmente, sull'ipotesi che i mercati non abbiano fatto altro che reagire alle notizie che sopraggiungevano.
Con l'abbassarsi del polverone possiamo vedere una
borsa cinese stabilizzata e in rialzo del 4 per cento rispetto all'inizio dell'anno. Vediamo anche che il renminbi ha perduto poco più del 2 per cento sul
dollaro. Perché allora i mercati globali hanno reagito come si reagirebbe di fronte a una situazione fuori controllo (e non, semplicemente, gestita male) e come se la svalutazione fosse stata del 20 per cento e avesse segnato l'inizio di una guerra valutaria? Perché non hanno considerato, tra le altre cose, che il
surplus cinese delle partite correnti sta crescendo da mesi grazie al minore costo delle materie prime importate?
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