È una fase, questa, in cui i mercati ritengono di avere elaborato a sufficienza il lutto per il
rialzo dei tassi americani. Il ribasso di agosto e settembre ha purgato i portafogli non solo dei
timori sulla Cina ma anche di quelli di una
stretta monetaria da parte della Fed, per quanto modesta. Di nuovo in salute, quantomeno apparente, borse e crediti si sentono ora in grado di superare l'ostacolo di dicembre, quando il
Fomc, verosimilmente, alzerà i tassi. Si comincia addirittura ad avvertire un senso di leggera euforia e di disponibilità alla sfida. Nuovi massimi sulla borsa americana sono a portata di mano, i ribassisti e i sottopesati sono in affanno e all'eccesso di pessimismo di agosto può subentrare ora un eccesso di ottimismo.
In questo clima si ritorna a guardare agli emergenti, gli intoccabili, i paria, quelli che in questi anni di fine del superciclo del credito e del superciclo delle materie prime si è imparato a detestare e comunque evitare. Il rischio, come sempre, è che lo si faccia con approssimazione, come quei turisti avventati che partono per costose spedizioni andine o himalaiane in scarpe da ginnastica, salvo poi rientrare precipitosamente a casa al primo temporale.
La prima cosa che bisognerebbe cercare di non fare è acquistare Etf generici di settore, azionari o obbligazionari che siano. È vero che si diversifica il rischio, ma si vanno a comprare mele sane e mele marce o seriamente avariate tutte insieme.
Meglio distinguere, dunque, ma come? Forniamo qui qualche criterio di classificazione e speriamo in questo modo di dare un'idea della complessità di questo universo. Non parliamo della Cina, che fa categoria a parte, né dei debitori corporate, che a loro volta vanno considerati singolarmente.
Parliamo invece di cambi, borse e bond sovrani, restando su strumenti accessibili e non troppo complicati. Niente repubblica di Gibuti, quindi, niente Abcasia e niente Transnistria, con tutto il rispetto per la loro economia e per il loro sistema finanziario.
(Nell'immagine: Somalia francese, oggi repubblica di Gibuti, in una carta inglese del 1922)