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Geopolitica

Ce la siamo dimenticata, forse incautamente

Se una situazione pesantemente deteriorata desta oggi meno preoccupazioni nei mercati rispetto al 2011 è perché il greggio è sceso nel frattempo da 110 a 45 dollari. Tutti o quasi, giustamente, ce ne rallegriamo ma più a lungo il petrolio resta su livelli depressi, più velocemente si consuma il tesoro della casa di Saud. Un'Arabia costretta prima o poi a tagliare le spese militari e l'imponente welfare con cui compra il consenso della sua popolazione si troverà sempre più esposta a un'aggressione dell'Isis. Certo, anche un Isis trionfante si troverebbe a dovere esportare un po' di petrolio per finanziarsi, ma la produzione dei suoi territori subirebbe comunque un durissimo colpo. In un mondo che cresce poco un'impennata del greggio, anche solo di qualche mese, potrebbe significare una nuova recessione.

28,2 milioni per uno Spider (1997) di Louise BourgeoisQuanto all'atomica iraniana, Israele ha per il momento deciso di abbassare i toni. Con Obama alla Casa Bianca alzare il livello dello scontro con l'Iran non conviene. Le cose potranno però cambiare fra un anno, quando qualcuno prenderà il suo posto.

La politica estera americana è considerata debole e confusa da molti osservatori, ma ha quanto meno un minimo di coerenza. È un divide et impera che copre un disimpegno crescente con un'aggressività quasi arbitraria verso situazioni particolari come la Russia. Fra un anno però tutto potrebbe cambiare e non è per niente chiaro se in meglio o in peggio.

La Cina, in termini geopolitici, non è un rischio per la sua aggressività verso i vicini (qualche isoletta contesa non scatenerà nessun conflitto serio). Più difficile è scommettere sulla tenuta interna del consenso. Con una crescita in continuo calo, il consenso rimarrà solo se i consumi riusciranno comunque a crescere e se la classe dirigente manterrà la sua moralità su livelli che non si allontanino troppo dai parametri confuciani.
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