In questo nuovo clima di ritrovata pace tra mercati e banche centrali il piatto del giorno è costituito dagli
emergenti. Il dollaro bloccato nel suo rialzo fornisce infatti un pavimento alle materie prime. La ripresa delle materie prime, a sua volta, è abbastanza forte da ridare colore ai paesi produttori come
Brasile e Russia, ma non così forte da costituire un problema per gli emergenti importatori come
Cina, India e Turchia. Gli emergenti hanno dalla loro parte anche le basse (o comunque non alte) valutazioni, gli elevati rendimenti, i cambi equilibrati e il fatto di essere ormai sottorappresentati nei portafogli.
Se consideriamo poi la
maggiore cautela da parte della Fed nell'alzare i tassi sgombriamo il campo dalla maggiore preoccupazione per chi investe in emergenti.
Non va infine dimenticato che anche sul piano politico il momento peggiore per questi paesi potrebbe essere alle spalle.
La Russia vedrà prima o poi un addolcimento delle sanzioni economiche europee. La
Turchia, grazie alla
questione dei rifugiati, ha ripreso a godere di una particolare attenzione europea che si concretizza in aiuti economici e aperture agli scambi commerciali. In
Brasile il
processo di cambiamento politico sta prendendo velocità (il Sud Africa è più indietro ma Zuma è ormai sorvegliato a vista). L'
Argentina è in
piena svolta positiva, mentre il populismo chavista ha perso ogni forza propulsiva in tutta l'America Latina. Sul fronte orientale
Arabia Saudita e stati satelliti sono impegnati in un
processo positivo di autoriforma economica, mentre l'Iran è ogni giorno meno lontano dai mercati internazionali.
India e Messico, dal canto loro, si confermano paesi politicamente stabili e con
buoni tassi di crescita.
Detto questo, vorremmo mettere in guardia da eccessi di entusiasmo. Sugli emergenti è sempre infatti difficile trovare giudizi equilibrati e si alternano periodi di euforia (come è stato nel decennio scorso) con fasi di totale rifiuto (crisi asiatica, decennio attuale). Non dimentichiamo che, solo due mesi fa, i mercati scontavano default a catena di paesi produttori di materie prime.
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