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Stato di grazia

Siamo stati matti in febbraio o lo siamo adesso?


Nei mercati c'è una regola non scritta. Non si maramaldeggia mai con chi ha sbagliato, perché quello che appare oggi un errore potrebbe rivelarsi in futuro una decisione saggia con un timing sbagliato. Se fra un anno l'indice dovesse essere a 1600 (il livello che molti ritenevano rapidamente raggiungibile in quei giorni di febbraio) chi ha venduto a 1810 apparirebbe più intelligente di chi sta comprando oggi a 2100. Sui mercati ride bene chi ride ultimo, ma l'ultimo non esiste.

Carta del mondo alla Piet Mondrian, artPauseSenza arroganza, quindi, ma con legittima meraviglia ci si può chiedere se siamo stati matti in febbraio o se siamo matti adesso. Quella di febbraio, vorremmo ricordare, non è stata una banale correzione tecnica, il classico temporale che chi sta sui mercati sa che può arrivare in qualsiasi momento. E non è stata nemmeno una crisi circoscritta, per quanto grave, come quella greca di questi anni o quella italiana del 2011. È stata una crisi globale da fine ciclo, da rottura di paradigma. Non necessariamente un collasso di sistema come quello del 2008, ma l'ingresso in una fase nuova, sconosciuta e temibile.

E invece l'inverno del nostro scontento è stato reso primavera gloriosa da un ennesimo Quantitative easing europeo e da qualche ulteriore misura fiscale cinese. Ancora più importanti sono stati la stabilizzazione generale dei cambi (quasi un regime di cambi fissi), il congelamento del rialzo dei tassi americani e il ritorno del petrolio al livello del 18 agosto quando, interessante coincidenza, l'SP 500 stava esattamente dove è oggi, a 2100. Nel suo piccolo, anche il Fondo Atlante ha dato un contributo.
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