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Stato di grazia

Siamo stati matti in febbraio o lo siamo adesso?

Se non eterna, dunque, quanto può durare? David Zervos osserva che l'ultima cosa che la Fed desidera è di arrivare sotto le elezioni presidenziali di novembre con una situazione di mercato simile a quella di fine agosto o di gennaio-febbraio. Ci pare un'ipotesi perfettamente ragionevole. Il rialzo dei tassi, per quanto inevitabile, può ancora attendere la fine dell'anno. Nell'ipotesi migliore può anche essere anticipato a giugno, ma solo se i mercati saranno ancora più forti di adesso, se il dollaro sarà restato tranquillo e se i sondaggi della vigilia indicheranno una netta vittoria degli In nel referendum su Brexit.

Carta del mondo alla Kazimir Malevich, art PauseTra gli altri fattori che potrebbero turbare questa fase di tregua segnaliamo il petrolio e, come già detto, il dollaro. Il greggio, nei prossimi mesi, dovrà evitare di riavvicinarsi ai minimi, ma dovrà anche limitare il suo recupero per non creare ulteriore imbarazzo a una Fed che già sta chiudendo entrambi gli occhi di fronte a una possibile ripresa dell'inflazione salariale. I fondamentali, fortunatamente, vanno nella direzione di un ulteriore graduale recupero.

Quanto ai cambi, si è visto bene, nei due ultimi mesi, quanto la stabilità su livelli ragionevoli sia positiva per i mercati. Un dollaro che non sale più (senza per questo scendere) tranquillizza l'economia e i mercati finanziari cinesi e non danneggia un'Europa che sta ancora godendo dei vantaggi della svalutazione del 2014. L'anello debole del nuovo sistema di cambi semifissi è a questo punto il Giappone, mentre quello forte, anche se non fortissimo, sono gli emergenti, che hanno ancora un modesto spazio di recupero per le loro monete.

In questa fase di limbo rimaniamo investiti in azioni, crediti ed emergenti senza però aumentare le posizioni. Anche se il grosso del recupero è alle spalle, rimane ancora spazio, da qui a 12 mesi, per qualche ulteriore miglioramento.

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