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Ai tempi di Stalingrado

Quando la Fed mise un limite al rendimento di tutti i bond

Aprile 1942. Si combatte in Europa, in Africa, in Asia e nel Pacifico. La Wehrmacht prepara i piani per la conquista del Caucaso. L'obiettivo sono i pozzi petroliferi del Caspio, ma per proteggere l'avanzata viene individuata come necessaria la conquista di Stalingrado.

L'America è in guerra da quattro mesi. Per finanziarla l'amministrazione Roosevelt inizia a fare salire la pressione fiscale, che passerà dal 7 per cento del PIL nel 1941 al 21 per cento alla fine del conflitto. La parte principale del finanziamento avviene però attraverso prestiti di guerra che vengono lanciati sul mercato. Il segretario al Tesoro Morgenthau non vuole fare salire i tassi d'interesse e preme sulla Federal Reserve affinché questa garantisca il successo dei collocamenti. Il governatore Eccles fissa allora un tetto ai rendimenti lungo tutta la curva. Si parte con lo 0.375 dei titoli a tre mesi e si arriva al 2.5 per cento sul long bond. Per mantenere i rendimenti su questi livelli la banca centrale si impegna a condurre operazioni di mercato aperto (acquisti di titoli) senza limiti di quantità.

Alla fine della guerra questo regime non viene messo in discussione. Liberalizzare i tassi significherebbe farli salire, ma questo danneggerebbe i sottoscrittori dei prestiti di guerra (che vedrebbero scendere il prezzo dei loro bond), costerebbe soldi al Tesoro e favorirebbe le banche, comportando dei costi politici. Sarà solo nel 1951, con il ripristino dell'indipendenza della Fed dal Tesoro, che i tassi riprenderanno libertà di movimento.

(Nella foto: Marriner Eccles, governatore della Fed dal 1934 al 1948)
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