Nel medio termine il ricorso a
politiche monetarie e fiscali sempre più aggressive aumenterà le attese di inflazione e non potrà fare bene ai bond. Nel breve, tuttavia, il Qe europeo e giapponese, schiacciando sotto zero i rendimenti dei governativi, continuerà a spingere molti investitori a cercare rifugio nei Treasuries e manterrà quindi compressa la curva americana. Con la curva sempre più piatta avrà via via meno senso stare su scadenze lunghe.
Per le borse la prospettiva di politiche ancora più espansive è ovviamente positiva fino a quando queste politiche non si tradurranno in tassi più alti. E fino alle
elezioni americane di novembre è ben difficile che i tassi salgano.
Ultimo punto.
Perché in gennaio i mercati si sono mostrati insofferenti rispetto alla Cina, alla geopolitica, al petrolio mentre oggi incassano con un sorriso Brexit e il renminbi ai minimi? La differenza non è nelle risposte monetarie (che ci furono anche in febbraio e marzo) ma nell'economia americana, allora debole e oggi in buona salute. Teniamolo presente per il futuro e per le prossime scadenze referendarie ed elettorali di autunno e primavera.
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