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Trump

Un elefante nella cristalleria dei mercati

Negli anni Trenta la risposta alla crisi, dopo qualche anno di sofferenza, fu costituita da deglobalizzazione e nazionalismo. Il nazionalismo portò con sé un aumento della spesa pubblica. Il fenomeno fu strutturale e trovò a farsene interpreti forze democratiche, fasciste o socialiste. Oggi vediamo ripetersi in forma molto attenuata lo stesso fenomeno. In questo senso l'eventuale vittoria di Trump sarebbe solo un acceleratore. La Clinton, infatti, andrebbe nella stessa direzione, anche se più piano.

Trump non è nato antiglobalista (ha imprese in giro per il mondo e i cappellini e le magliette dei suoi fan sono prodotti in Cina) ma ha fiutato un vento politico già forte di suo. Il suo programma economico è per due terzi il tradizionale programma repubblicano (deregulation, aliquote fiscali più basse finanziate da meno detrazioni, politica monetaria basata su regole e non discrezionale) e per un terzo populista (immigrazione e tariffe doganali). Sul bilancio pubblico, un tema su cui i repubblicani sono stati negli ultimi decenni nei fatti più espansivi di quanto non amino ammettere, Trump sarebbe moderatamente espansivo (come la Clinton anche se, ovviamente, con peso molto diverso su tasse e spesa).

Pirrone, lo scettico ispirato dal buddhismoPer quanto riguarda il protezionismo, Trump ha smesso da cinque mesi di proporre il ripudio unilaterale dei trattati commerciali multilaterali e parla ora semplicemente di rinegoziarli. Per farlo in modo efficace, dice, bisogna spaventare gli interlocutori, in particolare la Cina. Una Cina che, comunque vadano le cose, avrà dalla deglobalizzazione un fortissimo impulso a rafforzare la riconversione della sua economia verso il mercato interno. Anche qui, come si vede, non tutto il male viene per nuocere.

Ora, va chiarito che il mondo non è mai stato, non è e non sarà mai privo di protezionismo. Le leggi commerciali e fiscali sono complicate e in continua evoluzione, basti pensare alla normativa sui prezzi di trasferimento dei semilavorati tra un paese e l'altro. Anche i governi globalisti multano più volentieri le aziende degli altri e trovano puntualmente più malati i polli degli altri rispetto ai propri. L'amministrazione Obama e l'Unione Europea hanno eretto barriere molto alte contro l'acciaio cinese. La Cina ha bloccato Amazon e si è fatta la sua Alibaba, ha bloccato Google e si è fatta la sua Baidu, ha bloccato Facebook e si è fatta QQ. In un mondo ideale, sarebbe quasi meglio avere tariffe doganali chiare e accesso consentito piuttosto che applicazione discrezionale di norme complicate.
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