Detto questo,
Trump è, per sua natura, un disruptor, un perturbatore della quiete. Nei mercati, impigriti da anni di Qe e ridotti a mangiarsi le unghie in attesa di scoprire come voterà la signora Brainard al prossimo Fomc, potrebbe essere stressante sapere che Trump manderà subito in pensione la Yellen e metterà Kudlow (o Taylor o Malpass o Feldstein) al suo posto. Persone degnissime, ma profondamente diverse da quelle cui siamo abituati.
Così come
non siamo abituati a una Fed che segue delle regole. Nota candidamente Larry Tisch, un imprenditore repubblicano di establishment, che abbiamo i tassi più bassi degli ultimi cinquemila anni, ma non abbiamo l'economia peggiore degli ultimi cinquemila anni. Qualcosa, insomma, non torna, qualcosa suona artificiale. Ripristinare la
Taylor Rule (della quale ormai esistono peraltro decine di versioni più o meno taroccate) vorrebbe comunque dire, in queste circostanze politiche, avere tassi più alti, e non del quartino di punto all'anno su cui sonnecchiano i mercati da molti mesi.
Fino a una settimana fa i sondaggi davano inequivocabilmente vincente la Clinton. Era legittimo supporre che la Fed, che ha al suo interno una netta prevalenza di democratici, avrebbe cercato di lasciare i mercati tranquilli fino al giorno del voto. Oggi tutto è più incerto e la Fed potrebbe perfino essere tentata dall'idea di alzare i tassi in settembre (tanto prima o poi toccherà farlo) per marcare, a futura memoria, la sua indipendenza e proteggersi come istituzione. L'America è del resto sempre più politicizzata, l'esecutivo fa tutto per decreto, il congresso manda ingiunzioni a destra e sinistra e quasi nessuno si prende più il disturbo di rispettarle, la Corte Suprema è per aria, istituzioni che avevano quanto meno un'aura di neutralità ora fanno lotta politica e l'indipendenza della Fed è messa sempre più in discussione. L'America ha attraversato fasi anche più agitate di questa ma i mercati sono imbambolati e non scontano nulla.
Come scrive Richard Batley di Lombard Street Research,
cerchiamo di fare tesoro dell'esperienza di Brexit. Batley cita un gruppo di investitori cinesi che, senza sapere molto delle dinamiche del Regno Unito, si erano messi corti di sterlina e di borsa alla vigilia del referendum. Questi cinesi, agendo da scommettitori, avevano colto il rischio asimmetrico (piccolo rialzo in caso di Remain, grande ribasso in caso di Leave).
La seconda lezione di Brexit è che il diavolo, ammesso che sia il diavolo, non è brutto come lo si dipinge. E questa è la ragione per cui la borsa di Londra è oggi più forte di quando tutti prevedevano una sconfitta di Brexit.
In pratica, approfittiamo dei momenti di forza di qui alle elezioni per alleggerire azioni, bond (e forse dollaro) per potere dopo il voto approfittare di eventuali momenti di debolezza per comprare.
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