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Petrolio

Quel 38,6 per cento di probabilità che torni a scendere

I sauditi sono 30 milioni, gli iraniani sono 80 milioni. La produzione potenziale di petrolio saudita, in compenso, è il triplo di quella iraniana, 12 milioni di barili al giorno contro 4 milioni. Il petrolio, quindi, è più importante per l’Arabia ma è più prezioso e vitale per l’Iran. Produrre al massimo per abbassarne il prezzo, come ha fatto in questi due anni l’Arabia, fa molto male ai sauditi ma ne fa ancora di più all’Iran.

Impianti petroliferi in riva al Caspio. Baku. 1890Fino ad oggi i sauditi hanno fatto fronte al calo di entrate da petrolio attingendo alle reserve della casa reale (che ancora si confondono con quelle dello stato) e iniziando a indebitarsi sui mercati obbligazionari. Ora però è arrivato il momento di tagliare il bilancio, cancellare progetti, ridurre il welfare e le retribuzioni dei dipendenti pubblici. Per la casa di Saud il rischio di dovere imboccare la via dell’esilio e di passare la vita nei casinò della Costa Azzurra non viene più solo da una sollevazione delle minoranze sciite della provincia orientale ma anche, in prospettiva, da una probabile perdita di consenso nella base storica sunnita. Per questo, da qui in avanti, l’Arabia Saudita non cercherà più di tenere basso il prezzo del petrolio.

L’accordo annunciato ieri per una riduzione della produzione Opec di 700mila barili al giorno sembra andare in questa direzione. In un mercato scettico e short, sauditi e Iran hanno dunque trovato un accordo. Per continuare a combattersi bisogna rimanere vivi.

A guardare bene, però, nessun barile reale verrà tolto dalla produzione. Il taglio annunciato è semplicemente la minore produzione stagionale che l’Arabia Saudita realizza in autunno e in inverno, quando i condizionatori restano spenti e la domanda interna di energia diminuisce. Solo un accordo di facciata, dunque, per strizzare gli short e impedire una caduta del greggio sotto i 40 dollari.
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