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Piano di evacuazione

Pensare a come uscire, senza ancora uscire


Dall'altro lato del fiume sono però un po' nervosi anche i potenziali compratori, quelli che hanno portafogli leggeri di rischio e che hanno passato questi anni a cercare di dimenticare l'angoscia del 2008 (e per chi vive in Italia anche quella del 2011) stando investiti in prodotti di tutto riposo. O anche quelli che sono usciti troppo presto, magari nel 2014 (quando la Fed ha iniziato a parlare
di rialzo dei tassi) o nel 2016 (quando sembrava implodere la Cina o subito dopo Brexit).

Ora questi investitori, se aprono i giornali o guardano la televisione, sentono solo notizie positive o rassicuranti e vedono i mercati che
continuano a salire tranquilli. Il grande ciclo elettorale dell'incertezza sta per terminare senza avere prodotto gli sconquassi temuti, l'economia globale non dà preoccupazioni, non ci sono disastri finanziari imminenti nell'aria, la Cina è tornata nella sua opacità, le guerre valutarie non ci sono più, i capitali non fuggono da nessuna parte.

Philip Mckay. Goodbye to the PastPer la prima volta dal 2009, insomma, tutti i sistemi sono Go, come dicono a Houston quando lanciano i razzi, tutti i semafori sono verdi. Quanto alle valutazioni, per un'ampia classe di investitori non sono necessariamente un problema perché sono sempre opinabili e perché sono meno importanti, ai loro occhi, del momentum, questo sì facilmente misurabile e verificabile. Ma non basta, perché il coro di chi dice che le borse di Europa, Giappone e paesi emergenti sono sottovalutate (quanto meno in termini relativi) si è fatto molto forte.

Molti, dunque, sono pronti a uscire ma molti si sentono finalmente pronti a entrare. È una situazione, a ben vedere, tipica dell'inizio della fase finale di ogni grande ciclo di rialzo azionario. E in questi casi tutti hanno ragione, a modo loro. Chi vuole uscire ha ragione se si mantiene coerente con un ritmo operativo lungo e lento, se cioè si prepara a uscire per rientrare solo alla prossima recessione (o almeno al prossimo ribasso consistente) e non, semplicemente, il 5 per cento sotto. Chi entra ha ragione perché la parte finale di un ciclo può a volte permettere guadagni cospicui e per di più veloci, ma deve stare molto attento a cogliere i segni di stress, le crepe che preannunciano la caduta successiva.

Queste crepe non sono di solito rappresentate da incidenti finanziari (che se si verificano in un contesto sano sono in realtà occasioni d'acquisto) ma da un eccesso di posizionamento o dalla perdita di momentum dell'economia. Questi due ultimi fattori se si presentano uno alla volta producono solo un assestamento, se si presentano insieme producono la caduta.

Finora abbiamo descritto solo due situazioni estreme, quella di chi è sempre stato investito in questi anni e quella di chi si è sempre mantenuto fuori dal rischio. La maggior parte dei portafogli sono però in una situazione intermedia. In questo caso suggeriamo qualche punto di riflessione.
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