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Macron trade

Qualcosa di più della solita falsa partenza europea

Non occorre avere chissà quanti anni per ricordare situazioni in cui la vecchia Europa, in un soprassalto di orgoglio, si è sentita divergere in positivo dall'America. Queste situazioni sono state storicamente di tre tipi.

Il primo tipo è stato quando è capitato di constatare compiaciuti che noi non avevamo qualche loro grosso problema. Dagli anni Settanta fino al 2008, per esempio, si è sempre detto che gli americani vivevano sopra i loro mezzi accumulando debiti con l'estero mentre noi europei, moralmente superiori, mantenevamo un tenore di vita sobrio e una sana autodisciplina, essendone poi premiati da un marco e poi da un euro in costante apprezzamento strutturale nei confronti del dollaro.

Allo stesso modo noi ci siamo spesso raccontati di non avere i loro comportamenti patologicamente arrischiati nelle fasi di bolla azionaria o immobiliare perché non eravamo avidi come loro. Salvo poi scoprire che, pur non avendo creato bolle delle stesse dimensioni a casa nostra, avevamo però dato un grosso contributo a finanziare le loro, prendendocene poi in faccia l'esplosione.

Il secondo tipo di discorso autocelebrativo ha messo in contrasto la serietà delle nostre politiche monetarie con il lassismo delle loro. Quando sentono aria di fine ciclo e recessione in arrivo gli americani sono velocissimi nell'abbassare i tassi e nel buttare giù il dollaro e non si curano minimamente dell'inflazione, che in una recessione si cura da sola. Noi (in particolare se tedeschi) guardiamo moltissimo l'inflazione (quella passata ancora di più di quella futura) e a fine ciclo, quando l'inflazione è tipicamente più alta, non abbassiamo la guardia, ma combattiamo con ancora maggiore vigore il nemico che sta per morire da solo.

(Nella foto: Cattedrali d'Europa. Chartres)
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