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L’Unione economica e monetaria davanti ad un bivio

C'è aria di cambiamento a livello europeo


Non potendo entrare nel merito di tutte le questioni trattate dal documento, mi limito a quelle che mi sembrano al momento più rilevanti. Intanto anche la Commissione prende atto che tra i paesi membri prevale la mancanza di fiducia reciproca. È una questione molto seria di cui ogni giorno vediamo manifestazioni diverse e ripetute. È chiaro che se si continua così non si andrà molto lontano e aumenterà la delegittimazione delle istituzioni europee. Sulla posizione di Macron sui migranti abbiamo visto la presa di posizione del Presidente Juncker e l'assordante silenzio-rigetto dei parlamentari europei assenti proprio nel momento in cui il Presidente della Commissione è andato a presentare le proposte. Un modo sfacciato e irresponsabile di manifestare il proprio dissenso.

A dieci anni dallo scoppio della crisi il documento fa il punto sul problema della convergenza. Intanto distingue opportunamente tra convergenza reale, nominale e ciclica.
La prima è quella che riguarda gli standard di benessere e i livelli similari di reddito come fattori fondamentali per poter parlare di coesione economica, sociale, crescita sostenibile, stabilità dei prezzi e piena occupazione. La convergenza nominale è quella proposta dai famigerati parametri di Maastricht (deficit, debito, tassi di interesse, di inflazione e di cambio) visti come prerequisiti per entrare nell'euro. La convergenza ciclica è quella riguardante i cicli economici dell'economie dei paesi membri. Con la moneta unica e con le economie dei paesi membri in fasi cicliche diverse – dice la Commissione – è difficile l'attuazione di una politica monetaria unica e ancor più difficile – aggiungo io – attuare il coordinamento delle politiche economiche e finanziarie dei diversi paesi membri.

Va sottolineato che la Commissione, come detto sopra, riconosce il fallimento delle strategie di Lisbona e di Europa 2020 (primo e secondo decennio del XXI secolo). Si legge a p. 12 del documento: “la convergenza che si era manifestata nei primi anni della moneta unica si è rivelata in parte illusoria... Anni di crescita bassa e zero hanno creato ed esacerbato significative differenze economiche e sociali”. Ne fa discendere la conclusione che una ricetta unica per tutte le malattie non funziona, ma si guarda bene dal fare una valutazione esplicita della politica economica dell'austerità applicata con il massimo di rigore in una fase congiunturale che avrebbe richiesto misure di segno opposto.

Invano ho cercato nel documento la parola austerità. Non ce n'è traccia. Eppure detta politica sconsigliata da migliaia di economisti tra cui diversi Premi Nobel ha causato due gravi recessioni nel 2008-09 e nel 2012-13. La doppia recessione si legge in maniera netta nei grafici riportati nel testo del documento, ma non sono individuati i responsabili. Si guarda bene dal suggerire come bisognerebbe articolare la politica economica e finanziaria per tenere conto delle diverse fasi cicliche delle diverse economie dei paesi membri.

Ovviamente nessuna valutazione critica di tutte le misure (six-pack e two-pack) adottate, nel 2011, in sede di riforma del Patto di stabilità e crescita del 1997 (Regolamento n.1466/1997) e ancora nel Trattato intergovernativo sulla stabilità, coordinamento e la governance dell'Unione economica e monetaria meglio conosciuto come Fiscal Compact con il quale la Germania e i suoi più stretti alleati hanno imposto ai paesi membri di scrivere e/riscrivere il c.d. pareggio di bilancio.
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