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Sulla proposta di un ministro europeo dell’economia e delle finanze

Nel suo discorso sullo Stato dell'Unione, il Presidente della Commissione Juncker ha rilanciato la proposta di creare un ministro dell'economia e delle finanze europeo. Si tratta di una proposta di cui si discute ormai da anni ma che in Italia stranamente ha suscitato notevole interesse e, in alcuni casi, addirittura toni di entusiasmo da parte di alcuni commentatori qualificati.

Di per se, sulla carta, sarebbe un passo in avanti rispetto all'assetto istituzionale ibrido, insoddisfacente ed inefficace che attualmente caratterizza la c.d. governance economica europea. Per inciso, vale la pena ricordare che si ha governance quando non c'è un vero e proprio governo democratico direttamente responsabile nei confronti del Parlamento e/o degli elettori.

La proposta di Juncker non è innovativa ma prende atto della scarsa volontà dei Paesi membri dell'UE di proseguire nel processo di centralizzazione della politica economica e finanziaria con la formalizzazione di un Ministro responsabile di un settore così delicato ed importante. Rientra quindi nell'approccio settoriale, gradualista ma per certi versi inadeguato, squilibrato e dirompente se il MEF non si inserisce all'interno di un vero e proprio governo centrale con competenze generali. Sarebbe squilibrante dei poteri all'interno della Commissione se gli altri commissari restano come sono ora incaricati di monitorare gli andamenti del loro settore, elaborare proposte e svolgere i compiti che vengono affidati loro dal Consiglio europeo dei Capi di Stato e di governo.

Ma prima ancora di guardare ai rapporti tra i diversi membri della Commissione, vediamo cosa dovrebbe fare il MEF europeo. In sintesi, dovrebbe cercare di assicurare un maggiore coordinamento delle politiche economiche e finanziarie dei governi dei PM (paesi membri). Ma con quali strumenti? Nessuno o, più esattamente, con i soliti vecchi e del tutto inadeguati. Che senso ha creare formalmente un MEF europeo se prima non si costruisce un vero e proprio bilancio europeo nell'ordine minimo dei 4-5 punti del PIL europeo? Solo con un bilancio di tale entità si potrebbero fare manovre che abbiano qualche possibilità di influenzare la gestione della domanda aggregata non a livello europeo dei 27 PM ma almeno nei paesi periferici e non, con grossi squilibri e/o sottoposti a shock asimmetrici.

È un problema anche questo di cui si discute da lungo tempo e non ci sono proposte ufficiali innovative né nel discorso di Juncker né nei documenti di riflessione sull'approfondimento dell'Unione economica e monetaria ed in quello più recente sulle finanze europee. In quest'ultimo, si propone un fondo di riserva più ampio di quello attuale per provvedere a bisogni e emergenze non previste. Il che richiama il connesso problema della struttura attuale del Quadro finanziario pluriennale attualmente settennale che, addirittura, si vorrebbe decennale senza prevedere un vera e propria legge finanziaria su base annuale come c'è in tutti i paesi avanzati non solo con l'obiettivo della stabilizzazione ma anche con quello dell'allocazione più efficiente delle risorse e, perché no, con quello dei trasferimenti sia pure limitati e selettivi.

Quindi delle due l'una: o si continua così con l'approccio misero del gradualismo oppure si fanno delle proposte che implichino un salto di qualità nella costruzione di un vero e proprio governo centrale, in prospettiva di stampo federale, all'interno del quale sarebbe coerente avere un MEF con tutti i poteri che esso ha vuoi negli assetti centralizzati vuoi in quelli decentralizzati. Solo in questo modo ci può essere una gestione unitaria e coordinata delle varie politiche che l'Unione è chiamata a svolgere. Solo in questo modo si può superare la conduzione della politica economica e finanziaria a mezzo di parametri automatici, in alcuni casi, obsoleti e di dubbio fondamento economico.

Funzioni che attualmente la governance economica europea non riesce a svolgere in maniera soddisfacente con l'effetto di creare squilibri istituzionali e lasciando gravi problemi finanziari irrisolti? Quella strettamente collegata al bilancio e al proposto MEF europeo è la c.d. funzione di stabilizzazione discussa ampiamente nei documenti di riflessione sopra citati e per la cui gestione mancano strumenti adeguati.

I due Documenti della Commissione, prendendo atto della scarsa volontà politica di andare avanti su questo terreno, ritengono difficile la creazione di un bilancio europeo di adeguata dimensione finalizzato anche alla stabilizzazione. Al riguardo si contrappongono due tesi.

Una prima nella logica intergovernativa che vedrebbe la funzione assegnata all'attuale ESM (meccanismo europeo di stabilità) che la Germania vorrebbe trasformare in un Fondo monetario europeo in qualche modo, alla stregua del FMI. La proposta non è ben vista dalla Commissione perché le toglierebbe i poteri di sorveglianza sui bilanci nazionali per passarli al FME.

La seconda è quella qui in esame del MEF europeo. Non senza un certo coraggio, il Presidente Juncker, nel suo discorso sullo stato dell'Unione, ha confermato questa posizione della Commissione – come aveva già fatto Moscovici a Cernobbio. La proposta è anche del Presidente francese Macron che la sta portando avanti nelle sue trattative informali e dirette con la Merkel. Se dovesse passare la proposta tedesca, la Commissione vedrebbe ampiamente ridimenzionata la sua funzione. PQM timidamente Juncker fa propria la proposta del MEF europeo dentro la Commissione per rendere più spedito ed efficace il processo decisionale – cosa tutta da dimostrare.

La proposta si muoverebbe nella logica comunitaria ma per fare questo e non incappare nel vincolo dell'unanimità bisognerebbe utilizzare le c.d. clausole passerelle che consentirebbero di votare a maggioranza. Come noto agli addetti, ci sono due tipi di passerelle (vedi art. 294 del Trattato di Lisbona): quella politica generale o procedura legislativa ordinaria che deve raccogliere l'unanimità preliminare (l'autorizzazione) del Consiglio europeo (dei capi di stato e di governo) e quelle settoriali e/o speciali che richiedono l'accordo preliminare dei relativi Consigli europei (dei ministri competenti per settore), nella specie previste per le seguenti materie: bilancio comunitario, alias, quadro finanziario pluriennale (art. 312 del TFUE), politica estera e sicurezza, politica sociale, ambiente, cooperazione giudiziaria, e cooperazioni rafforzate.

Neanche la strada delle passerelle del secondo tipo è priva di ostacoli perché i blocchi di voto presenti nel I consiglio europeo, non di rado, si formano anche nei diversi consigli del ministri. PQM, a mio avviso, la proposta di Juncker non è gran che innovativa perché – lo ripeto - non ha molto senso un MEF europeo senza un adeguato bilancio comunitario di cui disporre e senza una legge finanziaria da proporre annualmente. Che senso ha avere il c.d. semestre europeo per la formazione dei bilanci dei PM se, allo stesso tempo, non si discute del bilancio europeo.

Se la Commissione europea vuole fare sul serio, allora dovrebbe avere il coraggio di proporre l'apertura del cantiere delle riforme istituzionali a partire dai Trattati fondamentali e da quelli intergovernativi che in materia di politiche di bilancio e di coordinamento delle politiche economiche e finanziarie hanno creato un groviglio di sigle, acronimi e norme discutibili e dannose che fin qui hanno creato un vuoto di governo centrale dell'economia europea - occupato non sempre opportunamente dalla BCE.

Ci sono i commenti favorevoli alla proposta Juncker di alcuni commentatori e ci sono le trattative dirette tra Francia e Germania, ma qual è la posizione del governo italiano? Non si sa, per ora, non prende posizione.
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