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Antonio Rinaldi, la nuova tassazione dei titoli

(Teleborsa) - Il Governo Renzi, fra le misure incluse nel Documento di Economia e Finanza (DEF), ha inserito l'aumento della tassazione sulle rendite finanziarie al 26% dal precedente 20%, dopo che già il Governo Monti ne aveva aumentato l'aliquota dal 12,5%.

Abbiamo chiesto al Professor Antonio Maria Rinaldi, docente di Finanza aziendale all'Università Gabriele D'Annunzio di Pescara, noto per il suo atteggiamento critico nei confronti della costruzione dell'Unione monetaria, come vede questo aumento della tassazione sui titoli e se pensa che produrrà un aumento degli introiti per lo stato.

Facendo qualche premessa sul sistema di politica monetaria e sulla formazione del gettito, il Professor Rinaldi ha spiegato che, con l'introduzione dell'euro, gli Stati dell'Eurozona hanno di fatto ceduto la sovranità in tema di politica monetaria, rinunciando quindi ad alcune tipologie di strumenti a sostegno delle politiche di spesa. A quel punto - ha proseguito - gli Stati europei hanno dovuto provvedere in altro modo, mediante un taglio della spesa (spending review) o tramite un aumento della tassazione, il metodo più immediato e semplice per sanare gli squilibri. Rinaldi, ammettendo che sembra strano, ha ricordato che la spesa primaria italiana (ovvero la spesa depurata dalla quella per interessi sul debito) è fra le più basse in UE. Ne consegue che il problema della spending review è un problema qualitativo più che quantitativo, vale a dire non consiste in un vero e proprio taglio della spesa quanto piuttosto in una più efficiente riallocazione delle risorse fra i vari capitoli di spesa.

Per aumentare il gettito, dunque, quasi tutti i governi susseguitisi, indipendentemente dal colore, hanno fatto ricorso ad un aumento della tassazione. Affrontando più direttamente il tema della tassazione sui titoli, Rinaldi ha ricordato che questa esclude solo i titoli del debito italiano, per ragioni essenzialmente tecniche, perché sarebbe stata solo una partita di giro, in quanto l'aumento delle imposte avrebbe implicato anche un aumento dei tassi di interesse pagati agli investitori e quindi un costo in più per lo Stato. L'aumento della tassazione sui titoli - ha sottolineato il Professore - è "nelle aspettative del governo", ma il problema riguarda perlopiù la misura di questa tassazione, che ha portato di fatto ad un raddoppio dell'aliquota rispetto a quella del 12,5% applicata ai titoli di Stato.

Citando il noto teorema di Laffer, Rinaldi ha ricordato che quando l'aliquota fiscale eccede un dato livello non si produce più un aumento del gettito ma, per assurdo, una riduzione del gettito complessivo. E' dunque troppo alto l'attuale livello di tassazione dei titoli del 26%? Rinaldi ammette l'esistenza di un rischio che si producano effetti negativi sul gettito, ma gli effetti si vedranno più in là nel tempo. Poi, ha ricordato che si crea ancora una volta un problema di mancato coordinamento a livello europeo, dove non sono state create le condizioni per avere realmente un mercato unico (one market, one money), con il formarsi di nuove distorsioni fra gli Stati membri.
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