Ottava in rialzo per il
petrolio, che ha
guadagnato l’
1,1% a
53,99 dollari al barile, sotto i massimi raggiunti nel corso della settimana oltre i 55 dollari. A parte qualche realizzo finale, il greggio si è avvantaggiato dei
positivi dati sulle scorte USA, che segnalano un ridimensionamento dell’offerta in USA, anche se il monitoraggio sui pozzi attivi di Baker Hughes segnala un aumento per la sesta settimana consecutiva. Intanto
l’OPEC sembra confermare che sta effettuando i tagli previsti ed annunciati lo scorso autunno.
Dopo un inverno straordinario, il
gas naturale continua a ritracciare e
cede anche questa settimana il 7,3% a 2,627 dollari per milione di BTU, toccando nuovi minimi. Su questo prodotto energetico pesa ancora la dimensione degli
stoccaggi USA, che si combina con previsioni meteo che danno un generale innalzamento delle temperature, riducendo la possibilità di assottigliamento degli storage. Il fattore climatico era stato il principale driver del rally precedente.
Quotazioni ancora in calo anche per il
grano, che
cede il 2,21% a 431,25 cent per bushel, proseguendo la correzione avviata da qualche settimana. A dare man forte al movimento contribuiscono i livelli elevati delle scorte e l’attività fiacca sul fronte dell’export (-23% sulla media delle quattro settimane), che ha spinto gli speculatori a liquidare posizioni più esposte sul mercato agricolo.
Quotazioni ancora in salita per l’
oro, che
chiude in crescita dell’1,56% a 1.256,9 dollari l’oncia, aggiornando i massimi degli ultimi 3 mesi e mezzo. Il metallo prezioso continua a beneficiare della debolezza del biglietto verde e della sua natura di “riserva di valore”, dato il previsto aumento dell’inflazione in USA. L’oro è infatti uno degli asset più ricercati, perché costituisce un
utile strumento a copertura dell’inflazione, che si sta velocemente avvicinando ai target in USA ed Eurozona.
Altra settimana no per il
rame, che ha
perso l’1% a 2,68 dollari la libbra, chiudendo in rosso per la seconda tornata consecutiva. Pesano ancora i timori di rallentamento della domanda, soprattutto quella cinese, che in questo momento pesano più delle difficoltà sul fronte produttivo causate dagli scioperi presso alcuni importanti siti produttivi.