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Il punto sulle commodities 30 maggio 2017 - [video]

Il mercato delle materie prime analizzato dall'Ufficio Studi di Teleborsa

Settimana all'insegna dei realizzi per il petrolio, che ha chiuso venerdì a 49,80 dollari al barile, in ribasso di circa l'1%. Il greggio però aveva raggiunto massimi di 52 dollari in coincidenza del vertice OPEC, che ha deciso di estendere di 9 mesi i tagli produttivi pari a 1,8 milioni di barili, sino a marzo 2018. Niente estensione invece riguardo ai quantitativi. La decisione ha dato luogo a qualche presa di beneficio, seguita dalla delusione provocata dall'ennesimo aumento dei pozzi da Shale Oil in USA.

Ottava fiacca anche per il gas naturale, che lima lo 0,6% a 3,236 dollari per milione di BTU. Su questo prodotto hanno pesato le previsioni meteo, che indicano temperature miti per le prossime due settimane, riducendo le aspettative di domanda. Reazione negativa anche all'ennesimo aumento delle scorte (+75 BCF) che si è rivelato superiore alle attese.

Quotazioni in frazionale aumento per il grano, che ha chiuso in vantaggio dello 0,69% a 438,25 cent per bushel. Oltre a beneficiare di acquisti cautelativi prima del lungo weekend festivo (mercati chiusi lunedì per il Memorial Day), il frumento si è avvantaggiato della siccità che sta investendo Stati Uniti, Australia ed Europa, che potrebbe deteriorare i raccolti estivi.

Altra settimana positiva anche per l'oro, che ha guadagnato l'1,16% a 1.268,1 dollari l'oncia, in risposta alla debolezza del biglietto verde, il cui cambio con un basket di sei maggiori valute mondiali ha raggiunto i minimi da sei mesi e mezzo. Il metallo prezioso si è posto come valida alternativa e “safe heaven” (bene rifugio) alle continue tensioni politiche alimentate dalla guida spregiudicata di Donald Trump ed al cosiddetto Russia-gate. Un'influenza determinante hanno avuto anche le indicazioni giunte dalla Fed, che non sembra incline ad affrettare un aumento dei tassi d'interesse dopo quello atteso e già scontato di giugno.

Settimana fiacca per il rame, che ha chiuso in calo dello 0,56% a 2,56 dollari la libbra, per effetto dei nuovi segnali di debolezza dell'economia cinese. Doccia fredda dalla decisione di Moody's di tagliare il rating della Cina a causa della mancata implementazione delle riforme e dell'esplosione del debito pubblico, causata dalle troppe misure di stimolo approntate da Pechino.
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