Settimana difficile per il
petrolio, che ha chiuso venerdì a 47,66 dollari al barile,
in ribasso del 4,3%, il più ampio calo da un mese. A penalizzare il greggio sono tornate le
preoccupazioni di un aumento dell'offerta USA derivante dalla produzione Shale Oil, che potrebbero controbilanciare ed annullare gli
effetti del taglio deciso dall'OPEC. I
pozzi attivi monitorati da Baker Hughes sono aumentati di 81 unità nell'ultima settimana.
Il
gas naturale ha chiuso un'ottava drammatica, crollando del 7,3% circa a 2,999 dollari per milione di BTU, ai minimi dal mese di marzo. Oltre a risentire delle
previsioni meteo che preannunciano temperature miti e bassi consumi per il condizionamento, il gas ha scontato l'ennesimo
aumento degli stoccaggi USA (+81 BCF).
Quotazioni in discesa anche per il
grano, che ha chiuso
in calo del 2% a 429,50 cent per bushel, continuando a risentire di qualche presa di beneficio. Il mercato
non è riuscito ad avvantaggiarsi dei dati positivi sull'export USA né del report dell'USDA sullo stato del raccolto che è risultato in leggero deterioramento: è stato valutato in ottime condizioni il 50% del raccolto contro il 52% indicato in precedenza.
Settimana moderatamente positiva anche per l'
oro, che ha guadagnato lo 0,69% a 1.276,8 dollari l'oncia, avvantaggiandosi delle persistenti tensioni geopolitiche e della debolezza del biglietto verde, dopo la
pubblicazione del Job Report americano. La crescita degli occupati è risultata piuttosto modesta ed ha gettato ombre sulla forza della ripresa dell'economia americana. Queste indicazioni peseranno sulle future decisioni della Fed, ispirando una maggiore cautela rispetto a futuri rialzi dei tassi, dopo quello ormai certo di giugno.
Il rame chiude in frazionale rialzo, evidenziando un
incremento dello 0,59% a 2,57 dollari la libbra, muovendosi ancora in un corridoio piuttosto stretto, in attesa di indicazioni più precise sulla direzione dell'economia mondiale. Segnali incerti sono arrivati dall'economia USA con il
Job Report in primissimo piano, che ha fatto deprezzare il dollaro a vantaggio delle commodities quotate in questa valuta.