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Perché siamo razzisti

Il più delle volte "razzisti" si diventa. Per contaminazione, per chiusura mentale o per paura, ma fondamentalmente per ignoranza.

Da quando un ministro di colore, di origine congolese, regge il dicastero per l’integrazione, il fenomeno del razzismo nel nostro paese è risalito in superficie. L’idea che in Italia il razzismo fosse ridotto ai minimi termini è stata subito smentita, costringendo l’opinione pubblica a rivedere dal profondo i propri orientamenti.

Senza toccare l’opportunità, più o meno centrata, di eleggere nell’esecutivo un ministro che incarnasse anche nell’apparenza le esigenze degli immigrati, ponendo l’accento più sulla rivendicazione dei diritti e meno sul rispetto per il Paese ospitante, va detto e ribadito che il fenomeno RAZZISMO, in Italia, esiste. Non è solo tollerato, spesso e volentieri è anche manifestato.
Lo sanno bene i politici leghisti, che strumentalizzando il concetto, raccolgono parecchi voti anche su questo fronte, garantendosi un seggio al Senato o alla Camera.

Ma perché, ed è ciò che più ci interessa, siamo razzisti? Per diverse ragioni.

Una, la prima e più importante, è che siamo ignoranti. Semplicemente ignoranti. Studiosi della lingua italiana indicano che la metà degli italiani fatica a comprendere un testo scritto. Generalmente, quindi, non siamo analfabeti, ma poco ci manca.
Per quel che si sa, chi non è in grado di comprendere un testo scritto, difficilmente coglie la complessità dei fenomeni e difficilmente è in grado di eliminare i propri pregiudizi. Costoro vanno in giro per il mondo con poche idee, semplici ed oltretutto confuse, non aperte ad un critico confronto.

La seconda ragione risiede nello scarso peso che la classe politica riserva alla cultura. Se i numeri hanno qualche importanza, va ricordato che il nostro paese spende annualmente decine di miliardi di euro per l’intera struttura militare e pochissimo per l’istruzione, tant’è che l’Italia è al penultimo posto, dopo la Grecia, per gli investimenti in istruzione.

La terza va ricercata nella crisi delle ideologie, nella crisi di una visione del mondo collettiva, oltre i singoli interessi, oramai evaporata. Di fatto siamo un’altra Italia, più evanescente e declinata verso la difesa del singolo tornaconto.

Un’altra ragione è sicuramente la crisi economica, che stiamo vivendo da oltre 5 anni e che ha acuito le tensioni in seno alla struttura della società. Nei momenti di crisi è noto che, andando male le cose, la colpa deve essere per forza di qualcuno. E’ difficile essere obiettivi in tal senso, per cui parte la caccia alle streghe con il sacrificio di un capro espiatorio. Quindi siamo in crisi per colpa dei migranti, degli extracomunitari, perché lo stato li mantiene e perché sono troppi. Ecco. Il perché della crisi è questo… secondo il più esacerbato dei pregiudizi.

Infine i mass-media, organi fondamentali nella semplificazione delle idee e artefici della distruzione del pensiero complesso, cardine del progresso culturale. Impossibile, tramite la televisione, trasferire un pensiero articolato; l’idea deve essere trasferita in poco tempo con il risultato di rendere incomprensibili i grandi fenomeni, come l’immigrazione e il razzismo, alimentandone una visione distorta.

E’ paradossale, quindi, la pretesa italiana di andare in giro per il pianeta, pretendendo trattamenti consoni al grado di civiltà conquistato e nello stesso tempo non riservarlo a chi cerca di integrarsi nel nostro paese.
Quasi noi fossimo i migliori e nulla avessimo da apprendere dagli altri.
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