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UE: due pesi e tre misure

Sugli aiuti ai profughi, la Commissione Europea fa sempre gli interessi tedeschi

Anche stavolta, nessuna novità.

Era il 26 agosto, si discuteva animatamente di rivedere il Trattato di Dublino che obbliga i Paesi di primo arrivo a dare asilo ai profughi dalle guerre, quando la Cancelliera tedesca Angela Merkel stupì il mondo intero proclamando: “Accoglieremo tutti i siriani!”. Fu un annuncio talmente inatteso da invogliarli tutti a mettersi in marcia, passando dalla Turchia alla Grecia, di qui in Macedonia e poi in Serbia, per transitare in Austria e giungere infine in terra tedesca.

Si capì ben presto che era stato un errore clamoroso: le città tedesche sono state letteralmente invase. Dopo i festeggiamenti alle stazioni, cominciarono a levarsi proteste e preoccupazioni.

Già il 18 ottobre, la Cancelliera dovette volare in Turchia, per chiedere al Presidente Erdogan di mettere un freno all'ondata di profughi. Promise in primo luogo un nuovo forte sostegno tedesco all'ingresso nella Unione europea, una procedura che fu già stata bloccata anni fa dal Premier francese Sarkozy, il quale aveva fatto addirittura approvare una legge in cui si stabilisce il divieto di portare il chador nei luoghi pubblici: in Francia, la laicità dello Stato non ammette eccezioni, né simboli religiosi. La Cancelliera offrì anche un consistente aiuto finanziario: 3 miliardi di euro, da mettere però sul conto dell'Unione Europea.

Insomma, mentre a luglio l'Italia era stata delusa nella sua richiesta di ripartire tra tutti i Paesi dell'Unione le decine di migliaia di migranti che da anni ormai arrivano dalla Libia, e di cui da sola deve sostenere l'onere del sostentamento, quando invece si tratta di evitare che la Germania debba spendere e tassare i suoi cittadini per ospitare altri profughi le regole cambiano: tutti gli Stati europei devono contribuire. Nell'Unione siamo tutti uguali, ma alcuni sono più uguali degli altri.

Non basta, perché il ridicolo arriva ora. All'indomani dei tragici attentati di Parigi, il Presidente Hollande proclamò che: “La sicurezza nazionale prevale sulle regole di bilancio!” In pratica, annunciò che avrebbe sfoderato il tetto al deficit posto dal Fiscal Compact per finanziare le spese per la sicurezza ed il rafforzamento dei controlli alle frontiere. Intanto, sospende il Trattato di Schengen per due mesi. Poi, si vedrà. Il giorno dopo spetta al Presidente della Commissione europea Junker affermare che le spese per l'immigrazione e la sicurezza saranno considerate ai fini dell'applicazione delle clausole di flessibilità. L'Italia, a questo punto, ha chiesto l'applicazione di questa clausola di flessibilità, per finanziare in disavanzo le spese che direttamente sostiene per l'immigrazione e la sicurezza sul suo territorio.

La risposta della Commissione, pervenuta ieri, è stata addirittura provocatoria: la spesa di 3 miliardi per gli aiuti alla Turchia, che servono ad evitare che la Germania ospitare altri profughi e far pagare l'ospitalità ai cittadini tedeschi, va ripartita tra tutti i Paesi europei e va inclusa ai fini della clausola di flessibilità, come sarebbe stato deciso già il 3 dicembre scorso. Per quanto riguarda la richiesta formulata dall'Italia, si deve invece aspettare aprile per vedere i suoi conti: solo allora si potrà decidere sulla applicazione della clausola di flessibilità.

Ecco come funziona l'Unione Europea.

Primo. Quando le spese per dare assistenza ai profughi interessano direttamente la Germania, trasferendo così 3 miliardi di euro alla Turchia, vale il principio della solidarietà all'interno della Unione: questa somma va ripartita tra tutti.

Secondo. Anche la regola del pareggio di bilancio ha le sue eccezioni: se si tratta di contribuire ad una spesa per i migranti che interessa la Germania, la deroga della Commissione europea è una regola che vale per tutti. Tutti, quindi, possono sforare il deficit per finanziarla. Se si tratta invece delle spese che servono per dare assistenza ai migranti in Italia, si vedrà. Due pesi e tre misure.

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