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L'Unione dei Fantastiliardi e le elezioni americane

Ma dietro la muleta degli aiuti a costo zero c’è lo stocco delle riforme sotto dittatura.

L'Europa è al bivio: cerca di rafforzarsi a tutti i costi, perché la crisi in atto può decretarne la fine, sospinta verso la dissoluzione dalla rielezione di Donald Trump.

Siamo ancora un campo di battaglia, un crocevia geopolitico cruciale per le strategie americane, che si ribaltano in continuazione, passando da una Presidenza all'altra.

Anche stavolta, c'è conflitto profondo che accompagna la campagna per le Presidenziali americane di novembre: la rielezione di Donald Trump è fortemente osteggiata da chi la considera un increscioso incidente della Storia, da chiudere al più presto possibile.

L'Unione europea è consapevole della necessità di usare la crisi sanitaria in corso per trasferire ancora una volta nuovi poteri straordinari a Bruxelles: tanto più sarà grave la situazione economica e finanziaria, tanto più saranno indispensabili gli aiuti europei.

A Bruxelles gongolano, ma forse si illudono. Con Trump rieletto alla Presidenza, la Storia dell'Unione non si ripeterebbe come è stato finora, perché gli equilibri globali sono cambiati: il nemico dell'Occidente non è più la Russia sovietica, ma l'espansionismo cinese.

L'Unione europea non serve più agli Usa, è solo un retaggio del passato, quando costituiva lo strumento economico che teneva insieme il blocco militare euroatlantico fondato sulla Nato.

Quando c'era il pericolo comunista, la Germania aveva il ruolo di contrafforte rispetto alla presenza sovietica in Europa. Un ruolo centrale, confermato dopo la caduta del Muro di Berlino, nel 1989, voluta a tutti i costi da Ronald Reagan per azzoppare definitivamente l'URSS ed il suo ruolo di antagonista in Europa: il problema americano era rappresentato dalla necessità di far aderire tutti i Paesi ex-comunisti all'Unione europea. Le frontiere della Nato si sarebbero poi spostate velocemente a ridosso della Russia. Da questa strategia derivò l'affidamento alla Germania, nel 1992, del ruolo di aggregatore economico dei Paesi ex-comunisti ed alla Unione europea il compito di fornire loro un mercato di sbocco e sussidi finanziari senza fine. Il post-comunismo lo abbiamo pagato noi.

Con la Presidenza di Bill Clinton, nel 1997, fu ancora una volta la Germania a prendere l'iniziativa politica: bisognava smantellare la Jugoslavia. E fu il riconoscimento tedesco della indipendenza da Belgrado, che era stata proclamata da Croazia e Slovenia, quest'ultima sostenuta ancora una volta dal Papa polacco, che scatenò il conflitto. Fu dichiarata una guerra umanitaria contro la Serbia, accusata di aver iniziato una orribile pulizia etnica contro i musulmani in Kosovo. Un altro pezzo di comunismo saltava in aria, dando spazio anche alle ambizioni della Germania di estendersi nell'area dei Balcani meridionali.
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