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UE, è meglio ognun per sé

Il Fronte Mediterraneo si è dissolto, i Paesi frugali se la ridono, mentre la Germania riaggancia la Francia


La Germania ha subito riagganciato la Francia, proponendo alla Commissione europea, dopo un accordo tra la Cancelliera Angela Merkel ed il Presidente Emmanuel Macron, un Recovery Fund: un piano straordinario di spesa da 500 miliardi di euro che si sarebbe andato ad aggiungere nel settennio 2021-2027 al Piano finanziario dell'Unione, che vale circa mille miliardi di euro. Un piano di erogazioni che si fonda comunque su un aumento delle risorse proprie europee: in pratica, gli Stati devono mettere mani al portafoglio con nuove tasse. Si parla da tempo di introdurre tre nuove tasse: Plastic Tax, Carbon Tax e Digital Tax.

Il meccanismo di alimentazione del bilancio europeo è tale per cui in linea di massima tutti i Paesi contribuiscono in modo sostanzialmente proporzionale al proprio PIL mentre la spesa viene modulata in funzione delle diverse esigenze. Finora, comunque, l'Italia è stata contributrice netta, nel senso che versa all'Unione più di quanto riceve: nel settennio 2012-2018 ha versato 34,7 miliardi di euro più di quanto non abbia ricevuto beneficiando dei vari programmi di spesa.

Curiosamente, a beneficiare degli sconti (rebates) sono stati proprio gli Stati frugali, come l'Irlanda che beneficia di riduzioni analoghe a quelle che furono pretese dalla Gran Bretagna sin dai tempi di Margareth Thatcher, o la Svezia, la Danimarca e l'Olanda e la stessa Germania che ha un trattamento speciale per la base imponibile dell'Iva. Insomma, sono Paesi frugali con i denari altrui.

Rispetto al Recovery Fund proposto da Francia e Germania, che non prevedeva nessun meccanismo di prestito agli Stati ma unicamente una redistribuzione dei 500 miliardi di contributi pagati dagli Stati al bilancio europeo, la Commissione presieduta da Ursula Von der Leyen ha voluto osare: ha proposto di aggiungere altri 250 miliardi di prestiti, raccogliendo questa somma subito sul mercato e prevedendone la restituzione da parte degli Stati beneficiari a partire dal 2028. Per l'Italia si è sbandierato un consistente vantaggio, in quanto avrebbe contribuito al Piano per circa 96,3 miliardi mentre ne avrebbe ricevuti 153, di cui 81 miliardi a fondo perduto (grant) ed il resto in prestiti (loan). Per ottenere 72 miliardi di prestiti avrebbe dovuto versare 15,3 miliardi a fondo perduto al bilancio dell'Unione: una enormità.
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