I detrattori di Donald Trump non si sono mai arresi: lo hanno criticato in ogni modo e per loro la prospettiva di vederlo rieletto nel 2020 è una prospettiva agghiacciante: una crisi economica, sociale, finanziaria sarebbe stata indispensabile per azzoppare la sua corsa alla rielezione, che fino a gennaio scorso sembrava inarrestabile. La
recessione profondissima, inattesa ed improvvisa, che è stata determinata dalla epidemia di Covid-19, che è partita dalla Cina e che ha maramaldeggiato nell'intera Europa prima di travolgere l'intero continente americano, ha finalmente
messo in difficoltà The Donald.
A partire dall'inverno scorso, a causa dell'epidemia, la lunga e robusta crescita economica che aveva caratterizzato i primi tre anni della
Presidenza Trump si è dissolta come neve al sole:
se l'ultimo anno è cruciale per la rielezione, gli ultimi mesi sono decisivi. Il suo avversario in campo democratico Jo Biden, già Vice di Obama nella seconda Amministrazione, è pronto a raccogliere i voti dei milioni di disoccupati che la crisi ha determinato.
Ancora una volta,
una profonda crisi negli Usa può determinare un cambio di colore alla Presidenza o può mettere in grande difficoltà il successore.
Accadde così a Bush Jr. che nel 2011 subentrò a Bill Clinton: la bolla del Nasdaq, esplosa a poche settimane dall'insediamento, polverizzò miliardi di dollari di capitalizzazione. Era stata gonfiata da anni, consapevolmente, per dare l'illusione di benessere e ricchezza. Clinton era già al secondo mandato e non poteva essere rieletto. La deflagrazione era imminente: migliaia di aziende della New Economy americana, tanto pompata da Clinton, fallirono miseramente. La vituperata Old Economy era il futuro regalato alla Cina, fatta entrare nel Wto a condizioni estremamente vantaggiose.
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