Se Madame Lagarde avesse voluto modificare, anche solo minimamente, il riferimento quantitativo alla stabilità della moneta in termini di inflazione, si sarebbe trovata di fronte il muro della
Bundesbank, riaprendo il conflitto appena sopito in ordine alla
legittimità dei QE, che è stato messo in discussione dalla Corte di Karlsruhe: già in quel caso erano sorti dubbi gravi sui danni derivanti ai cittadini ed ai risparmiatori tedeschi da interventi volti a raggiungere un tasso di inflazione "vicino ma non superiore al 2% annuo". Figurarsi che cosa sarebbe successo se si fosse annunciato che, anche per l'Eurozona, l'obiettivo di inflazione diviene flessibile ed incerto quanto a parametri temporali di riferimento.
Nell'Eurozona tira invece aria di deflazione, per due ragioni principali:
- la crisi economica che è stata innescata dalla epidemia di coronavirus ha determinato un aumento della disoccupazione ed una flessione della domanda aggregata, non compensata dagli interventi d'emergenza decisi dai governi;
- la svalutazione del dollaro sull'Euro e sullo Yuan, nell'ordine del 10%, riduce i prezzi delle importazioni e quindi rallenta la dinamica di quelli interni.
Rimane
tutto fermo, anche a livello europeo.
La procedura negoziale volta definire il nuovo rapporto commerciale con la Gran Bretagna si è arenata, portando il
governo di Boris Johnson ad un nuovo strappo visto che sta presentando ai Comuni un
Internal Market Bill con il quale modificherebbe unilateralmente il
Withdrawal Agreement concordato con Bruxelles in ordine alle relazioni tra Irlanda del Nord e Repubblica d'Irlanda. I nodi sono molteplici, dai diritti di pesca nelle acque britanniche alla volontà di Bruxelles di introdurre meccanismi di controllo preventivo sulla futura legislazione di Londra al fine di evitare la adozione di misure che distorcano i flussi commerciali e fiscali e la localizzazione delle imprese.
Ci sono in ballo interessi per migliaia di miliardi di euro.
Continuano le lungaggini procedurali e si inaspriscono i conflitti politici relativi all'approvazione definitiva del
programma straordinario Next Generation UE: nonostante la approvazione da parte del Consiglio europeo, non tutti sono d'accordo sulla introduzione di nuove tasse ambientali (
carbon tax e plastic tax) che serviranno a finanziare il nuovo quadro finanziario settennale e sulla efficacia del "
freno di emergenza" inserito al fine di controllare la efficacia delle spese nazionali che saranno finanziate con aiuti e prestiti europei.
La BCE non può che prendere atto di questo stallo: la politica moneta non può sostituire l'azione della politica fiscale, sia quella nazionale che quella europea.
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