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Concorsi pubblici, non c’è nessuna Next Generation

Operazione marginale, emergenziale, senza respiro.

Diciamola tutta, il flop se lo sono proprio cercato: non può che fallire, anche al Sud, un concorso pubblico per il reclutamento di personale con profili tecnici elevati, che prevede una preselezione dei candidati effettuata sulla base di titoli e di esperienza professionale, offrendo in cambio un contratto a tempo determinato ed uno stipendio medio-basso.

La PA ha cercato di assumere sul mercato del lavoro del personale già formato professionalmente e dunque pienamente operativo, non tanto per colmare i vuoti di organico quanto per dare una accelerazione ai progetti collegati al PNRR. Insomma, non cercavano neolaureati da istruire un po’ alla volta, con il consueto training-on-the-job, né con corsi di formazione interna.
La valutazione dei titoli prendeva in considerazione requisiti assai stringenti:
  • titolo di studio universitario e formazione post laurea (master di 1° o 2° livello, diploma di specializzazione, dottorato di ricerca);
  • le sole esperienze professionali maturate nella gestione e/o nell'assistenza tecnica di programmi o progetti finanziati da fondi europei e nazionali afferenti la politica di coesione, dimostrabili con contratti di lavoro o incarichi professionali stipulati con pubbliche amministrazioni o con enti privati. È quindi valutabile anche l'esperienza con un ente privato purché il destinatario delle attività sia una pubblica amministrazione;
  • l'abilitazione all'esercizio delle professioni per le quali è richiesta la laurea.
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