Il dato peggiore, dal punto di vista della significatività, è stato soprattutto un altro: sui 102.155 candidati che avevano superato la fase di preselezione, e che quindi sono stati convocati per svolgere le prove di concorso,
se ne sono presentati appena 37.009, con un'affluenza media del 36,2%. Il tasso più elevato di affluenza è stato registrato in Calabria (41,2%), Sicilia (41,0%), Sardegna (40,9%), il più basso nel Lazio (24,4%): qui il dato dimostra il peso del tasso di disoccupazione e le difficoltà di avere alternative nelle prospettive lavorative. In molti, comunque, dopo aver presentato la domanda d'impulso per non vedersi preclusa un'opportunità lavorativa, al dunque si sono resi conto che la proposta non era convincente. Tra l'altro, l'89% dei candidati che ha superato la prova proviene dalle regioni del Sud e dalle Isole: il 28,5% dalla Sicilia, il 24,7% dalla Campania.
E’ stato ufficialmente assicurato che il
concorso verrà ripetuto, per coprire i 1.347 posti ancora vacanti, e concludere le procedure tra ottobre e novembre.
Ci sono diverse osservazioni da fare.
La prima è quasi ovvia: lo Stato è andato a cercare il suo personale rastrellando nella parte bassa del mercato del lavoro, tra coloro che hanno optato per il "meno peggio". Sono persone di media età, con responsabilità familiari e prospettive grigie:
non sono un investimento per il futuro della PA, ma una scorciatoia.
Infatti, guardando alle fasce di età dei vincitori, risulta che solo il 20,4% dei candidati risultati idonei ha meno di 30 anni, il 50,9% ha tra i 30 e i 40 anni, mentre il 22,6% tra i 40 e i 50 anni.
I candidati complessivamente idonei sono stati per il 51,1% uomini e per il 48,9% donne, ma la percentuale di donne scende in maniera considerevole per i profili di analista informatico (13,4%) e di esperto tecnico (25,1%).
Operazione marginale, emergenziale, senza respiro. Concorsi pubblici, non c’è nessuna Next Generation
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