Sono le crisi che fanno sballare i conti pubblici e che stravolgono le politiche monetarie.
Anche le
regole europee che impongono il rigore sono state sospese:
il Fiscal Compact è in stand-by ormai da due anni per via delle condizioni macroeconomiche avverse, e nessuno sa come sarà riformulato. Anche la riforma del
MES è stata rinviata, dopo che era stato fatto di tutto per accelerarne la approvazione senza tener conto della "logica di pacchetto" che era stata richiesta dall'Italia, per vararla insieme alle nuove norme in materia di Tutela dei depositi bancari e di salvataggi bancari.
Negli
Usa è stato lo stesso: già a partire dalla crisi di fine 2008, e solo con un brevissimo periodo di ritorno alla normalità monetaria, il
debito pubblico è andato alle stelle. La Fed non ha mai adottato una azione così espansiva per così lungo tempo e la BCE, da parte sua, non ha mai riportato alla normalità i tassi di riferimento, che sono tendenti allo zero da ormai un decennio.
Per i debiti pubblici, in Europa siamo arrivati in media al 100% del PIL: il percorso di riconduzione al 60% al ritmo di 1/20 l'anno, come è previsto dal Fiscal Compact, sembra un obiettivo del tutto irrealistico. Tanto per esemplificare, visto che
in l'Italia siamo arrivati ad un rapporto debito/PIL di circa il 160%, mantenere questa disposizione comporterebbe l'obbligo di ridurre l'eccedenza, che è pari al 100% del PIL, al ritmo del 5% l'anno.
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