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La Nuova Ragnatela, una lentissima tessitura

Stati e Mercati, serve ancora tempo per i nuovi assetti post-crisi


E' un obiettivo irrealistico: nei 13 anni intercorsi tra il 1994 ed il 2007, nonostante tutti gli sforzi fatti per tenere elevato il saldo primario di bilancio e con una inflazione più alta della media europea che andava ad aumentare il valore nominale del PIL, l'Italia riuscì a ridurre il rapporto solo di 27,3 punti percentuali, passando dal 127,1% al 99,8%, ma pagando questa severità fiscale con la più bassa crescita mai registrata prima. Immaginare ora che si sia in grado di effettuare uno sforzo quattro volte più intenso rispetto ad allora è insensato.

In materia di bilanci pubblici servono dunque regole nuove, sostenendo la crescita in modo strutturale.Il fatto è che, con la crisi economica e le spese pubbliche straordinarie derivanti dalla epidemia di Covid, tutti gli Stati europei, in appena soli due anni, 2020-2021, hanno visto peggiorare il loro rapporto debito/PIL di una percentuale compresa tra i 20 ed i 30 punti percentuali. Quindi, prima ancora di affrontare la questione del ritmo di riduzione del rapporto debito/PIL c'è da rivedere sia le regole relative al pareggio strutturale del bilancio che quelle relative alle spese per investimenti pubblici: l'idea di escludere queste ultime ai fini del computo del pareggio è stata più volte avanzata, ritenendo che finanziarle in disavanzo sia comunque positivo per lo stimolo che viene dato alla crescita economica. Sarebbe una sorta di "debito buono".

Serve comunque un criterio-limite, per evitare che queste spese pubbliche aggiuntive alimentino la domanda aggregata e le importazioni, facendo squilibrare il saldo estero: si potrebbe renderle ammissibili solo quando ci sia un saldo strutturale delle partite estere, e limitarle entro questo valore. L'Italia potrebbe finanziare ampiamente queste spese per investimenti: ne beneficerebbe la crescita e dunque anche la riduzione accelerata del rapporto debito/PIL.

C'è un'altra questione, di affidabilità del debito: con l'avvio del primo Qe da parte della BCE, con la sua ripresa a decorrere dal novembre 2019, e soprattutto con la adozione del PEPP, nell'Eurozona è stata immessa una consistente liquidità sul mercato, tale da finanziare ampiamente il maggior debito pubblico. E' assai verosimile che questi programmi vengano presto ridotti per via dell'andamento dell'inflazione che in alcuni Paesi europei, come la Germania, hanno già superato il valore cardine del 2% annuo.

Per quanto riguarda le politiche monetarie, tra il dollaro e l'euro ci sono vistose interdipendenze: la BCE deve dunque fare i conti anche con quello che accade negli Usa. Anche se ci sono andamenti contingenti, l'orizzonte conclusivo per gli interventi espansivi della Fed è sicuramente quello delle elezioni americane di mid-term, che si terranno a novembre del 2022: fino ad allora, negli Usa ci sarà una enorme pressione politica per finanziare in disavanzo le spese per investimenti pubblici straordinari. Se i Democratici manterranno la maggioranza al Congresso, la Presidenza Biden si stabilizzerà e sarà così accelerato il percorso di ritorno alla normalità della politica fiscale e monetaria. Diversamente, si andrà incontro ad un periodo di stallo, non solo politico.
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