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Da Risparmiatori ad Investitori: niente Certezze, ma Opportunità e Rischi

Banche universali, crisi finanziarie, debiti pubblici colossali, politiche monetarie non convenzionali e mercati in altalena


Questo assetto normativo era stato deciso in Italia nel biennio 1936-38 per ovviare al rischio di altre crisi bancarie, come quella americana del '29, che erano dipese in quel caso dal fatto che le banche erogavano anche prestiti utilizzati per investire in Borsa, prendendo naturalmente a garanzia i titoli che venivano mano a mano acquistati. Finché i valori azionari erano rimasti stabili o crescevano, le Banche potevano affermare che il loro credito era adeguatamente garantito, ma quando i corsi di Wall Street crollarono, anche le Banche fallirono non potendo restituire i fondi conferiti loro dai risparmiatori, che facevano la fila agli sportelli reclamandoli. In Italia, invece, erano le grandi famiglie industriali. che controllavano direttamente le proprie imprese, che orientavano indirettamente l'attività delle banche, ricevendone e finanziamenti e garantendosi partecipazioni azionarie.Si distinse così la figura del risparmiatore, colui che affida i i propri denari alle Aziende di credito, e che è pienamente garantito, dalla figura dell'investitore che acquista i titoli azionari quotati sul mercato ovvero i prodotti degli Istituti di credito.

L'articolo 47 della Costituzione della Repubblica consacrò questi principi: il valore economico e sociale del risparmio e del credito, stabilendo che "La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l'esercizio del credito. Favorisce l'accesso del risparmio popolare alla proprietà dell'abitazione, alla proprietà diretta coltivatrice e al diretto e indiretto investimento azionario nei grandi complessi produttivi del Paese".

Il sistema adottato a partire dal 1936-38, nonostante le numerose crisi bancarie, effettivamente funzionò: in Italia, mai un risparmiatore perse una sola lira di quanto aveva depositato. In pratica, le aziende di credito potevano assumere rischi limitati, erogando solo credito a breve termine: questo faceva sì che anche i depositi potessero essere effettivamente garantiti.

Sul finire degli Anni Novanta, anche in Italia, tutto cambiò: con la cosiddetta Legge Draghi, il Testo Unico Bancario (TUB), si eliminò ogni distinzione precedente, affermando che ogni banca può svolgere qualsiasi sorta di attività.

Da un sistema di banche specializzate per tipologia di attività ammesse e per territori predeterminati in ordine alla apertura di sportelli, si arrivò alla banca universale: tutte potevano fare tutto, dappertutto.

Nessuno era pronto ad una rivoluzione così profonda del sistema bancario, che avvenne praticamente dappertutto nel mondo occidentale, dall'Inghilterra con il cosiddetto Big Bang agli Usa.
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