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Forza Zero

Tutto fermo: BCE, Fiscal Compact, Transizione energetica

C'era una volta la regola magica, secondo cui l'Unione europea si rafforzava nei tempi di crisi. Ed anzi, le crisi erano un fattore benefico, che rafforzava i poteri di Bruxelles.

L'ultima volta, con la crisi del 2008, ci sono stati i primi intoppi: la Gran Bretagna si è tirata fuori dal Fiscal Compact, non ne ha voluto sapere nulla del MES che ancor più che un Fondo Salva-Stati era un Fondo salva-euro, e che ovviamente non si è neppure sognata di sottoporre le sue banche sistemiche alla vigilanza prudenziale della BCE. Alla fine, la Brexit ha tagliato il nodo che si faceva troppo stretto.



Inutile dire delle difficoltà causate dalle politiche di rigore imposte dal Fiscal Compact, unitamente alle politiche monetarie simmetriche decise dalla BCE: invece di abbattere solo i tassi di interesse particolarmente elevati, ed insostenibili, richiesti dal mercato per sottoscrivere i titoli dei Paesi più indebitati come l'Italia che pur rispettavano i vincoli prima del Trattato di Maastricht e poi del Fiscal Compact, ha portato "sottozero" gran parte dei tassi nominali di interesse sui safe asset, con danni per tanti investitori. E con il risultato di indebolire sempre di più l'euro, visto che i rendimenti dei safe asset in dollari erano più attraenti.

Anche nella sua ultima riunione, la BCE ha deciso di agire con la massima cautela, e nonostante ciò lo spread sui titoli del debito italiano a 10 anni sul Bund non fa altro che crescere: dacché era sceso intorno a quota 90 nello scorso febbraio, ormai staziona stabilmente tra 120 e 130. E' un segnale pericoloso, visto che la BCE non è il prestatore di ultima istanza degli Stati. Una nuova crisi del debito sovrano, come è accaduto a cavallo tra il 2011 ed il 2012, sarebbe devastante per l'Eurozona.
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