(Teleborsa) - La
strage avvenuta al Tribunale di Milano riporta alla ribalta un grande tema, quello della sicurezza, al di là delle tematiche legate al terrorismo internazionale, che ovviamente implicano un'armonizzazione e
misure differenti.
Se qualche anni fa il
tema della sicurezza era uno dei più caldi, tanto da aver determinato le sorti di vinti e vincitori alle penultime elezioni, in questi ultimi anni era slittato in secondo piano, per far posto ad esigenze e bisogni di tipo economico e sociale, determinati dall'evolversi della crisi economica.
Eppure, anche il tema della sicurezza è stato
rilanciato da logiche economico-sociali, come dimostra il movente del killer di Milano, la bancarotta. E perché ci si interroga solo oggi sul motivo per cui non c'era un metal detector all'entrata secondaria del Palazzo di giustizia di Milano?
Il lungo braccio della spending review è arrivato anche lì.
"Al civile a Roma viviamo come in Vietnam, ci sono sei entrate, gente che va e che viene, nessuno ti controlla, non è possibile. Mettere sei posti di guardia? Impensabile, costa troppo", dichiara a Teleborsa un avvocato romano, ricordando che di episodi di violenza, un accoltellamento, ci sono stati anche nella Capitale. Non se ne parla, ma "se dobbiamo stare così - afferma - meglio se cambio lavoro".
Anche
al Palazzo di giustizia di Milano vi erano diverse entrate e l'omicida, Claudio Giardiello, è riuscito ad entrare con una pistola da quella secondaria, veloce, riservata agli avvocati e agli altri professionisti del tribunale, dove
bastava mostrare solo un documento d'identità ed entrare.
C'è da stupirsi allora che ora si torni a parlare di sicurezza, laddove oggi prevale la logica del risparmio a tutti i costi, senza neanche
soffermarsi sulle ragioni - disperazione, senso di impotenza, fallimento - che hanno condotto alla strage.