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Facebook e l'algoritmo incriminato: tempo di crisi per Zuckerberg?

La trimestrale non ha esaltato, Il patrimonio del suo fondatore si è assottigliato. Gli esperti mettono in discussione il recente cambio di algoritmo. Cosa c'è di vero?

Finanza
Facebook e l'algoritmo incriminato: tempo di crisi per Zuckerberg?
(Teleborsa) - Con il ritorno alle origini Facebook non piace più e Mark Zuckerberg ha perso miliardi di dollari con la caduta del titolo in borsa. Con queste affermazioni la stampa americana si è occupata recentemente del caso, in un articolo in cui il fondatore di Facebook appare pesto e ferito in viso, come se fosse stato colpito e preso a pugni. E di "botte" il titolo Facebook ne ha prese recentemente, scivolando a Wall Street non appena i risultati trimestrali hanno certificato un drastico rallentamento del tempo trascorso dagli utenti. Ma cerchiamo di vederci più chiaro...

Tutto è cominciato all'inizio di gennaio quando Zuckerberg annunciato la sua piccola rivoluzione con un cambio dell'algoritmo per la selezione dei post che compariranno in bacheca, relegando news e post sponsorizzati nelle sezioni dedicate come il feed Esplora e l'app Today In per le notizie e gli eventi a carattere locale (in fase di test in USA). Tutto ciò andrà a favore dei post degli "amici".
Nel motivare la sua scelta il patron dell'azienda di Menlo Park ha parlato di ritorno alle origini e della necessità dare dare spazio ai post della propria cerchia di amici e familiari. D'altronde Zuckerberg, assieme al titolare del News Feed, Adam Mosseri, hanno ricordato che Facebook era nata proprio per questo: mettere in contatto le persone e farle interagire tra loro.

Quale modifica è stata apportata all'algoritmo? Per effetto del nuovo "filtro", l'utente del social vedrà scorrere nella propria bacheca soprattutto post di amici e familiari e quelli "virali" per gli stessi, perché verranno selezionate solo le pagine che sono state commentate o hanno ricevuto il fatidico "Mi piace" dall'utente o dalla sua cerchia di contatti, grazie ad un criterio basato sulle "interazioni significative". Vale a dire che le pagine che avranno maggiore probabilità di raggiungere l'utente saranno solo quelle che hanno ricevuto un'interazione dello stesso o dei suoi amici e quelle sponsorizzate "a pagamento".

Cambiare una storia di successo... Oggi Facebook è il social più popolare al mondo con oltre 2 miliardi di iscritti. Perché cambiare? Secondo gli esperti questo ritorno al passato vorrebbe porre un argine all'emorragia di utenti iniziata qualche tempo prima, da attribuire sia allo scandalo delle fake news legato alle elezioni USA ed al Russiagate, sia al successo ottenuto fra i più giovani da piattaforme "libere" come Snapchat e la stessa Instagram di cui Facebook è titolare.
C'è da dire che, nel corso degli anni, i cambi di direzione sono stati molteplici. Lo confermano le modifiche di senso inverso all'algoritmo (nel 2016 la scelta di portare avanti le notizie più popolari, per così dire "virali", e creare una sorta di giornale social), che segue la scelta di inserire mini video su Instagram (datata 2013), che rispondeva invece al desiderio degli utenti di condividere informazioni più personali, momenti di vita ecc. con i propri amici.

Ma anche quest'ultima modifica all'algoritmo non ha pagato. Lo si è visto all'uscita dei conti trimestrali. I risultati del 4° trimestre, non negativi, hanno evidenziato un utile in crescita del 20% a 4,27 miliardi, un EPS adjusted di 2,21 dollari superiore al consensus e ricavi in salita del 47% a 12,97 miliardi. Ma non è oro tutto quello che riluce perché gli stessi prospetti contabili hanno evidenziato un pesante calo del tempo trascorso sul social dagli iscritti di 50 milioni di ore, benché gli utenti attivi mensilmente siano cresciuti a 2,13 miliardi (+14%).

La perdita di appeal fra gli utenti ha mandato nel panico gli operatori di mercato a Wall Street, scatenando vendite sul titolo Facebook, sia in occasione dell'annuncio di un nuovo cambio dell'algoritmo, sia all'uscita dei risultati trimestrali, letti con un certo pessimismo dal mercato. Tutto vero però...
A livello grafico si notano due evidenti scivoloni del titolo al Nasdaq, uno a metà gennaio, seguito dall'altro il giorno della trimestrale. La performance dell'ultimo mese è negativa (-3,44%), ma non drammatica, e quella da inizio anno è anche positiva (+1,43%). Fra l'altro Facebook ha toccato prima dell'uscita dei risultati (1° febbraio) il massimo di sempre a 193,06 dollari rispetto ad un prezzo al debutto avvenuto il 18 maggio 2012 di appena 38 dollari, sceso subito dopo sino a 19 dollari e poi risalito costantemente.
A livello tecnico-operativo, le implicazioni tecniche assunte dal titolo restano ancora lette in chiave negativa. Qualche segnale di miglioramento emerge invece per l'impostazione di breve periodo, letto attraverso gli indicatori più veloci che evidenziano una diminuzione della velocità di discesa. Possibile a questo punto un rallentamento della discesa in avvicinamento a 177,5. La resistenza più immediata è stimata a 180,3. Le attese sono per una fase di reazione intermedia tesa a riposizionare il quadro tecnico su valori più equilibrati e target a 183,1, da raggiungere in tempi ragionevolmente brevi.

Con queste premesse appare un po' azzardato parlare ora di crisi di Facebook, almeno a livello borsistico, o mettere il punto sui miliardi persi da Zuckerberg, come fatto da Wired USA, che appunto ha rappresentato il ricco proprietario del social in una foto "ritoccata" con lividi e graffi. E' vero che, secondo i calcoli di Fobes, da gennaio ad oggi Zuckerberg, che detiene il 17% del capitale, avrebbe perso 3,3 miliardi di dollari, ma è anche vero che la sua ricchezza resta pur sempre di 72,4 miliardi. Se i pessimisti ed i disfattisti avranno ragione lo dirà il tempo.



Le indicazioni non costituiscono invito al trading.
(A cura dell'Ufficio Studi Teleborsa)
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