(Teleborsa) - "Non è più possibile, almeno al momento, continuare a trattare per proseguire gli investimenti e le attività economiche petrolifere in Libia. La situazione non è più controllabile". Queste
le parole del Presidente di FederPetroli Italia,
Michele Marsiglia, che commenta il dramma libico che diventa di ora in ora sempre più critico, con
Tripoli assediata dai ribelli in scontri che hanno provocato, negli ultimi otto giorni,
una cinquantina di morti e oltre 130 feriti. Un situazione che compromette seriamente le attività estrattive nel Paese e la sicurezza degli stessi lavoratori. "Da circa un anno - prosegue Marsiglia - abbiamo iniziato una fase di recupero economico per le aziende che sono rimaste danneggiate dal mancato incasso delle attività svolte su alcuni giacimenti. Dal 2011 l'effetto domino ha creato una fase di
criticità alle aziende che hanno contribuito alla realizzazione di infrastrutture per l'estrazione di olio e gas. Definiamo la nostra operatività di massima allerta e non possiamo esporre a rischio risorse umane, attività e le stesse aziende di settore".
L'
impatto per l'indotto internazionale dell'Oil & Gas è notevole, ennesima criticità che si aggiunge a progetti rimandati o in forte ritardo, e a una produzione lontana dai livelli degli anni passati. "Lo scorso anno - ha dichiarato Marsiglia a Teleborsa - la produzione libica si
è attestata a meno di 500 mila barili di petrolio al giorno,
un dato nettamente inferiore alla produzione del 2011, che
si aggirava su 1,8 milioni di barili al giorno. Ricordiamo che la Libia oggi è il secondo Paese dell'area africana e medio-orientale, dopo l'Egitto, per produzione di petrolio. Al momento, abbiamo riscontro che alcune strutture petrolifere hanno richiamato il personale su alcuni siti di elevato rischio, attendiamo nelle prossime ore di conoscere l'evolversi della situazione per avere informazioni più chiare e delineate ed organizzarsi sui piani di azione da seguire".
Al dramma libico
si aggiunge l'inflessibilità delle istituzioni finanziarie internazionali che - prosegue il
presidente di FederPetroli Italia - "hanno cominciato a richiedere i prestiti elargiti dal 2011. Ci troviamo in una situazione in cui da una parte ci viene chiesto di investire, dall'altra tuttavia
non ci viene garantita alcuna sicurezza per operare sul territorio libico. La situazione è critica e rischia di mettere in ginocchio un intero settore: non dimentichiamo che l'indotto che si muove per le aziende italiane, nei rapporti economici con la Libia, coinvolge oltre 60mila lavoratori".