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Rating Italia, ecco perché bisogna mantenere un livello investment grade

Se l'Italia finisse in "junck" scatterebbero gravi ricadute sulle banche

Economia
Rating Italia, ecco perché bisogna mantenere un livello investment grade
(Teleborsa) - Gli avvertimenti giunti di recente dalle più importanti agenzie di rating, sono segnali che aprono un corridoio di valutazioni sull'operato del governo e sull'affidabilità dell'Italia.

Al momento la valutazione di affidabilità creditizia del Belpaese è "BBB" con Standard & Poor's, con outlook negativo, Baa2 (un gradino sotto) con Moody's, con outlook stabile, e BBB con Fitch, con outlook negativo.

L'agenzia di rating S&P ha graziato l'Italia, almeno per ora, prendendo tempo su un possibile declassamento dell'affidabilità creditizia del Paese entro un arco temporale di medio termine che comprende i prossimi 12-24 mesi. Il rating sull'Italia è stato infatti confermato a BBB per il lungo termine e A-2 per il breve termine. La decisione è arrivata dopo quella annunciata da Moody's appena una settimana fa. Un giudizio severo arrivato tempestivamente dopo l'approvazione della Manovra e del Dl fiscale. Fitch, che aveva già peggiorato le previsioni sull'Italia in precedenza, ha deciso di prendere tempo almeno sino al primo trimestre del 2019, in attesa di capire come si presenterà la manovra dopo esser passata dalle forche caudine dell'iter parlamentare.

Le agenzie rappresentano un termometro dell'affidabilità e fiducia di un debitore. Per tutte e tre le organizzazioni si tratta di una valutazione di due gradini superiore al livello di spazzatura (junck), dunque, per ora, le obbligazioni italiane sono considerate di buona qualità, che in termine tecnico si definiscono "investment grade", ovvero più sicure. Se i titoli di Stato italiani finissero fuori dall'investment grade non potrebbero essere più acquistate dai molti fondi di investimento e dalla maggioranza dei grandi investitori internazionali.

Ciò implicherebbe una erosione della fiducia degli investitori, rendendo anche più complicato l'accesso delle banche al mercato dei capitali, come dimostrato dall'aumento dei rendimenti dei titoli di Stato Italiani (BTP e Spread). La difficoltà di rifinanziarsi sui mercati dei capitali per l'aumento dei tassi e dello Spread - spiega S&P - indurrebbe le banche a concedere meno credito a famiglie e imprese, in particolare le PMI che non hanno la possibilità di farlo sul mercato dei capitali, influenzando negativamente l'economia reale. In più, le banche rappresentano anche il principale finanziatore del debito italiano. Quindi un effetto boomerang sull'economia.
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